Privacy Policy Aprile 2013 - Micomedicina

Proprietà anticolesterolo del pleurotus ostreatus

Pleurotus ostreatus

Ancora sul Pleurotus ostreatus : due articoli importanti sulle proprietà nutritive di questo umile ma importantissimo fungo. Il primo è dell’università di Poznam ( Polonia 2007)  sugli oligoelementi di cui sono ricchi il Pleurotus ostreatus e lo Shiitake ( Lentinus edodes ) tali da farli consigliare come additivi alimentari d’elezione sotto forma di estratti secchi e polvere. Il secondo è dell’università del Cile del 2003 ed è su una sostanza statinosimile ( Lovastatina ) di cui è ricco il Pleurotus ostreatus avente azione anticolesterolemica e di cui si tratta nel micoeditoriale di aprile 2013

1° Articolo

2° Articolo

Micoeditoriale Aprile 2013

 

MICOEDITORIALE Aprile 2013 Pleurotus o. Vs colesterolo

Cari lettori della micomedicina, come di consueto slittiamo di un po’ il micoeditoriale che una volta doveva essere pubblicato entro il 10 del mese, ma abbiamo accumulato con Pasqua qualche giorno di ritardo ed eccoci qui….

Comunque, niente di allarmante, come vedete siamo di nuovo a parlare di funghi medicinali e della loro applicazione terapeutica nella micomedicina. Un piccolo inciso, sulla situazione politica lo vogliamo fare ? No forse è meglio stendere un velo pietoso..Ebbene questo mese parliamo di colesterolo e delle terapie di appoggio al fungo di riferimento che è il Pleurotus ostreatus: sì, il nostro vecchio e caro orecchione o pleus o fungo della neve, di cui non mi stancherò mai di lodare ed esaltare le sue grandi proprietà medicinali: è un eccellente immunomodulatore perché agisce su alcuni tumori, ma soprattutto è il riferimento N° 1 della micomedicina per l’ipercolesterolemia. Nel primo degli articoli della rubrica al titolo Alimentazione e Pleurotus c’è una lunga carellata con numerosi articoli sul Pleurotus o. dato principalmente come estratto secco a ratti alimentati con una dieta ipercolesterolemica o selezionati ipercolesterolemici (articoli: India 2012, Rep Ceca 1997, Giappone 2003, Slovenia 2004, Corea 2009) saggiando la capacità di ridurre la colesterolemia come altri parametri come LDL e HDL e Trigliceridi. Ebbene nella generalità dei casi è riportato un abbassamento del 30% della colesterolemia totale ed in alcuni casi (come in quello ceco e giapponese) anche un’aumento delle HDL. Il meccanismo individuato è quello classico delle statine: inibisce HMG-CoA reduttasi bloccando la produzione endogena di colesterolo. L’azione è simile alle statine di ultima generazione come la Lovastatina e la Pravastatina con molto meno rischi di miopatia (per l’aumento del CPK) per l’azione del fitocomplesso enzimatico rappresentato dal fungo. Il fitocomplesso fungino è un intreccio di enzimi con effetti concatenati fra loro (e più o meno attivi a seconda del fenotipo della popolazione), unito a sostanze con azione immunomodulante e antiossidante. Per questo motivo, stabilita un’azione di massima di un fungo, nel nostro caso un’azione ipocolesterolemizzante,  questa non si limiterà al solo meccanismo ultimo enzimatico (inib. HMG-CoA red.), ma darà vita ad un complesso di azioni che sostengono e mantengono l’azione principale in modo molto fisiologico in rapporto all’individuo e alla razza. Un po’ come fa l’alimentazione (tant’è che per i funghi si parla di Nutraceutica) con l’azione ipocolesterolemizzante rappresentata dalle Fibre, l’Olio di Pesce (acidi grassi omega 3) vedasi lo studio italiano GISSI del 1999 nella prevenzione del reinfarto, modulando i dosaggi di omega 3 da 1 a 3 g/die a seconda del valore della Trigliceridemia; per non parlare della Soia anche sotto forma di lecitina (abbassa del 25% i Trigl.) come degli isoflavoni di soia nell’ipercolesterolemia post menopausa.

Anche le piante medicinali del 2° articolo come l’ Aglio ed il Carciofo sono considerati alimenti ed è questo il motivo della molteplicità dell’azione (aggregazione piastrinica, fibrinolisi, pressione arteriosa per l’aglio, coleretica colagoga e HMG-CoA red. per il carciofo)  e dell’uso in cucina con le decantate virtù antiaterosclerotiche della dieta mediterranea.

Con il 3° articolo circa la resina del caucciù la  Commiphora mukul (Guggul) di cui si dice un gran bene in India (è una delle piante più utilizzate nella medicina Ayurvedica) agendo attraverso una sostanza steroidea (guggulsterone) sulla tiroide aumentando il metabolismo e stimolando il colesterolo HDL, non regge tuttavia alla verifica clinica sulla variabile popolazione quando in un’articolo  (2003 JAMA Journal American Medical Association) sulla popolazione americana di origine caucasica di Philadelphia si è visto addirittura abbassare l’HDL.

Anche il 4° articolo sulla pianta sudamericana la Caigua o Cyglantera pedata appartenente alla famiglia delle cucurbitacee, vale lo stesso discorso etnobotanico: va benissimo per le popolazioni andine visto che la pianta si è ben adattata anche al freddo e alle altitudini, ma funzionerà in altri continenti e su altre popolazioni?

E per il 5° articolo si torna ad una nostra vecchia conoscenza il Monascus ruber ovvero il Riso Rosso Fermentato anche questo è un fungo, esattamente un ascomicete, e funziona anche questo sull’HMG-CoA reduttasi, ma rispetto al pleurotus ha qualcosa in meno e qualcosa in più. In meno è la minor complessità degli ascomiceti rispetto ai basidiomiceti che rende l’azione da meno fitocomplesso fungino esponendolo agli effetti indesiderati delle statine. In più, che equilibra tale effetto, è che si tratta in fondo di un metabolita del riso rosso, la monacolina K, di un principio attivo che è più facile dosare e prevederne la farmacocinetica. Per questo l’allarmismo di Firenzuoli e del suo gruppo su alcuni casi di > di cpk associato a miopatia in soggetti che assumevano riso rosso fermentato, non ha molta ragion d’essere associandolo a vari prodotti con dosaggi diversi e a interazioni con altri farmaci (come giustamente sottolineato nell’articolo) ma anche perché la FDA ne ha autorizzato la vendita con dosaggi ben precisi e di sicurezza.

Il buon Firenzuoli di Empoli ce l’ha con i funghi, ha cercato di stroncare anche l’ABM (non riuscendoci) e sempre con una rewiew molto parziale, evidentemente gli sono e gli resteranno indigesti… spero per tanto tempo ancora !

Buona lettura

Dott Maurizio BAGNATO MD © 2013


 

Riso rosso fermentato

MONASCUS RUBER – PER ABBASSARE IL COLESTEROLO


Nome Latino del lievito: Monascus ruber o purpureus
Nome comune: Riso rosso fermentato
Famiglia di appartenenza del lievito: Ascomicetae
Origine: Asia
Parte utilizzata: riso fermentato, estratti da fungo (lievito) intero
Costituenti attivi: triterpeni, monacolina (lovastatina), acidi grassi.

Caratteristiche generali: Il Monascus si ottiene per fermentazione del riso, grazie alla presenza di un microrganismo appartenente alla famiglia dei lieviti; il riso così fermentato assume una colorazione rossastra.

Uso tradizionale: L’uso storico o tradizionale non può essere sostenuto da studi scientifici: fin dall’ 800 D.C., il riso fermentato rosso è stato utilizzato dai cinesi come cibo ed agente medicinale.
I suoi benefici terapeutici, sia come stimolante della circolazione del sangue sia per il potere digestivo, furono annotati nella farmacopea tradizionale cinese, durante la Dinastia dei Ming (1368–1644).

ECCOCI INFINE AD UN ELEMENTO INTERMEDIO: NATURALE SI’, MA CONTENENTE STATINE

Come noto le statine sono metaboliti secondari di natura polichetidica, inibiscono selettivamente l’enzima 3-idrossi-3-metilglutaril-coenzima A (HMG-CoA) reduttasi, che catalizza la reazione chiave nella sintesi di colesterolo endogeno. In funzione dell’interesse per tale attività farmacologica, sono stati messi a punto processi di produzione di statine per via fermentativa, impiegando ceppi di miceti.

Lo studio delle prime molecole isolate e impiegate in ambito farmacologico (la lovastatina e mevastatina) ha consentito di individuarne altre dotate di maggiore attività biologica e minori effetti collaterali, quali ad esempio la pravastatina.

 

In particolare è emersa la possibilità di ottenere pravastatina come metabolita di biosintesi, isolabile direttamente dai brodi di fermentazione. Lo studio ha quindi previsto la valutazione dell’influenza dei parametri di fermentazione impiegando ceppi di Monascus (Monascus paxii, AM12 e AM12M).

In realtà oggi sappiamo che il riso rosso fermentato con Monascus ruber (o Monascus purpureus) contiene proprio statine, ed in particolare lovastatina (chiamata ancheMonacolina K).

E’ anche utilizzato come alimento in particolare nelle popolazioni asiatiche, ed attualmente disponibili anche nel nostro Paese come integratori: tali prodotti tuttavia devono essere considerati veri e propri “contenitori naturali” di statine, con tutte le avvertenze del caso, piuttosto che prodotti di libera vendita. In particolare sono da temere gli stessi effetti collaterali delle statine e le stesse problematiche di interazione in particolare con i fibrati.
La Food and Drug Administration (FDA) è già intervenuta per impedire il commercio di lovastatina veicolata in questo tipo di integratori, ribattezzati per l’occasione “alimenti funzionali” o “nutraceutici”.

Il Riso rosso fermentato è usato da tempi immemorabili in Cina per il trattamento dei disturbi del metabolismo dei grassi, viene ottenuto per fermentazione del riso grazie alla presenza di un microorganismo, appunto il Monascus purpureus o ruber: il riso così fermentato assume una colorazione rossastra. Numerosi studi clinici dimostrano che è in grado di ridurre la produzione di colesterolo da parte del fegato. Regola inoltre la glicemia, dimostrandosi un valido aiuto anche nei soggetti con valori ematici elevati non solo di colesterolo e trigliceridi ma anche di glucosio.

 

Riso rosso anti-colesterolo non per tutti

Ricercatori toscani invitano a non sottovalutare il profilo di sicurezza di questo «rimedio verde», ampiamente utilizzato contro l’ipercolesterolemia

MILANO – Il riso rosso fermentato, ottenuto dalla fermentazione del comune riso da cucina ad opera di un particolare lievito, chiamato Monascus purpureus o lievito rosso, è molto utilizzato per le preziose virtù ipolipidemizzanti. Gli integratori che lo contengono vengono spesso consigliati a chi ha mostrato un’intolleranza alle statine, i tradizionali farmaci ipocoletsreolemizzanti. In questi casi però occorre cautela perché si rischiano delle reazioni avverse. Lo riferiscono dalle pagine della rivista Annals of Internal Medicine alcuni ricercatori italiani, coordinati da Fabio Firenzuoli, direttore del Centro di medicina naturale dell’Asl 11 di Empoli.

EFFETTI INDESIDERATI – Le osservazioni dei ricercatori toscani fanno seguito a un articolo americano pubblicato precedentemente sulla stessa rivista che segnalava la validità degli integratori a base di riso rosso fermentato anche in pazienti intolleranti alle statine. «Non dovrebbe essere sottovalutato il profilo di sicurezza del riso rosso fermentato quando questo venga utilizzato nel “mondo reale”- scrivono gli studiosi italiani -. Abbiamo recentemente condotto un’analisi sul database italiano delle reazioni avverse ai prodotti naturali trovando 4 casi di miopatia associata a riso rosso fermentato (range di dosaggio, da 200 a 1200 mg di estratto al giorno). Ogni paziente ha riferito dolore muscolare con aumento della creatinifosfochinasi (un enzima importante presente nel tessuto muscolare e in piccola parte in quello cerebrale. I suoi valori sono alterati in caso di danni o patologie della muscolatura, ndr). I tempo di esordio è stato da 2 a 6 mesi. Dopo la sospensione del prodotto, 3 persone hanno raggiunto una guarigione completa, mentre un paziente intollerante alle statine ha mantenuto costantemente aumentati i livelli di creatininfosfochinasi per diversi mesi».

SICUREZZA – Se sotto il profilo dell’efficacia come rimedio anti-colesterolo il riso rosso fermentato pare aver superato il vaglio, sul piano della sicurezza c’è ancora qualche dubbio e proprio per questo i ricercatori del groppo di Firenzuoli invitano alla cautela: «I medici dovrebbero essere ancora cauti per evitare di sovrastimare la sicurezza di questo prodotto. L’ampia disponibilità di lievito di riso rosso come integratore alimentare di fatto potrebbe portare pazienti intolleranti alle statine ad utilizzare questo prodotto senza consiglio medico, con un possibile aumento del rischio di miopatie».

NUOVI DATI – I ricercatori americani però continuano a sostenere la sicurezza del riso rosso fermentato e un nuovo studio, appena pubblicato sulla rivista American Journal of Cardiology , ne è la prova. Dalla ricerca, condotta su una quarantina di pazienti precedentemente intolleranti alle statine è emerso che il riso rosso fermentato è tollerato in modo analogo a un’altra statina (pravastatina). Dati rassicuranti sono stati raccolti anche da alcuni ricercatori italiani, come spiega Arrigo Cicero, farmacologo clinico del Centro per lo studio dell’arteriosclerosi e delle malattie metaboliche dell’Università di Bologna. «Per un anno abbiamo seguito 48 pazienti intolleranti a una o più statine e li abbiamo trattati con un integratore a base di riso rosso fermentato. Solo 4 pazienti hanno rinunciato a seguire la cura a causa di alcuni effetti indesiderati, mentre i rimanenti hanno proseguito con successo sia sul piano della riduzione del colesterolo totale sia sul piano della tollerabilità».

COME COMPORTARSI – I risultati ottenuti dai ricercatori bolognesi appaiono incoraggianti tanto più se si considera – puntualizzano gli stessi – che le cause degli episodi di miopatia associati all’uso delle statine non sono ancora state spiegate in modo esaustivo: in alcuni casi l’apparente intolleranza alle statine potrebbe addirittura essere il segnale di patologie nascoste, come la fibromialgia o altre malattie reumatiche. Non solo, «la miopatia associata alle statine – spiega Cicero – potrebbe essere il risultato di un interazione tra farmaci o tra un farmaco che il paziente assume e lo stesso riso rosso fermentato». Insomma il tema va approfondito, per ora comunque su un aspetto sono d’accordo sia i ricercatori bolognesi che quelli toscani: prima di assumere il riso rosso fermentato è bene mettersi nelle mani di un esperto e assumere un integratore di qualità ne tempi e soprattutto nei dosaggi consigliati. In commercio sono infatti disponibili tanti prodotti di qualità diversa, ma solo alcuni sono veramente efficaci nel ridurre il colesterolo.

I Policosanoli favoriscono l’ingresso del colesterolo LDL nelle cellule e la successiva demolizione con produzione di energia per la cellula stessa. Sono pure capaci di agire sugli squilibri che sono alla base dello sviluppo dei disturbi aterosclerotici.

La vitamina E svolge un ruolo protettivo nei confronti delle membrane vasali del sistema cardio-vascolare.

La nicotinammide riduce la produzione di lipoproteine da parte dell’organismo.

Le fibre solubili si rigonfiano nei liquidi gastrointestinali dando luogo ad una massa gelatinosa ad alto grado di viscosità in grado di inglobare il materiale ingerito. L’impiego delle fibre solubili scelte diminuisce notevolmente l’assorbimento dei grassi ingeriti con l’alimentazione.

 

Caigua e Colesterolo

Caigua (Cyclanthera pedata) e colesterolo


Denominazione botanica: Cyclanthera pedata  Schard. – fam. Cucurbitacee
Sinonimi: Caihua – Nomi stranieri: ted.-Inkagurke;
Parti usate: frutto fresco senza semi

La Caigua, il cui nome botanico è Cyclantera pedata, appartiene alla famiglia delle Cucurbitacee; tale famiglia e costituita da 100 generi ed oltre 750 specie. Esiste una notevole diversità genetica all’interno della famiglia, diversità che riguarda sia le caratteristiche vegetative sia riproduttive; il range d’adattamento ambientale, per le specie appartenenti, comprende regioni tropicali, subtropicali, deserti aridi e zone temperate, poche specie si sono adattate alle elevate altitudini (2000 m). Nello specifico, la Cyclantera pedata, chiamata anche Korila, melone selvaggio, Caihua, Achoccha, e una pianta annuale, si adatta facilmente al freddo e alle elevate temperature ma è anche facilmente coltivata in zone tropicali e subtropicali. É solitamente coltivata nel sud e centro America.
Le foglie sono glabre e profumate; i frutti sono di colore verde chiaro con venature di un verde più scuro; i semi sono collegati ad un’unica placenta e sono circa 12. I semi sono generalmente rimossi ed i frutti sono mangiati crudi o cotti. Le specie appartenenti alla famiglia delle cucurbitacee sono note per essere fonte di metaboliti secondari. Pianta originaria della cordigliera andina, la Caigua produce come frutto una piccola zucca allungata, verde chiaro, contenente pochi semi, che viene utilizzata cruda o cotta. Come tutti gli altri frutti della famiglia cui appartiene, contiene un’alta percentuale di acqua (circa 93%), la tecnica moderna ha così cercato di ottenere per disidratazione un estratto molto più concentrato in principi attivi (circa 10 volte). La Caigua è stata coltivata fino da tempi immemorabili in Perù e Bolivia, in quanto impiegata tradizionalmente nel diabete, nei disturbi cardiovascolari e per eliminare i grassi in eccesso.
Recentemente è stato realizzato un estratto secco concentrato, per disidratazione del frutto fresco, facilmente somministrabile in capsule o compresse.
Sono stati condotti diversi studi scientifici su adulti con valori non ottimali o elevati di colesterolo e trigliceridi, volti a verificare le proprietà tradizionalmente note. L’integrazione dietetica con 600 mg al giorno di estratto di Caigua, suddivisi in due somministrazioni, ha mostrato dopo 3 mesi una diminuzione del colesterolo-LDL (il “colesterolo cattivo”) pari al 33% ma, quello che è ancor più sorprendente, contemporaneamente si è avuto un aumento del colesterolo-HDL (quello “buono) pari al 33%, inoltre sempre dopo 3 mesi una diminuzione del colesterolo sierico totale pari al 22% e una diminuzione dei trigliceridi pari a circa 30%, raggiungendo così una ottima correzione nel profilo lipidico. Un recente studio ne ha dimostrato la validità anche nelle donne in menopausa che, a causa della diminuita produzione di estrogeni da parte delle ovaie, subiscono uno squilibrio lipidico che le espone maggiormente a rischio coronarico. INTRODUZIONE: L’iperlipidemia è riconosciuta come una delle cause principali di morte per malattia cardiaca coronarica, e gli sforzi realizzati per ridurre l’ipercolesterolemia hanno prodotto una significativa riduzione di questa mortalità. La diminuzione nei livelli di colesterolo particolarmente nella frazione legata alla lipoproteina di bassa densità può prevenire la malattia cardiaca coronarica. Al contrario, un aumento nella concentrazione della frazione del colesterolo nella lipoproteina d’alta densità è in relazione inversa con la malattia cardiaca coronarica.

Questi dati suggeriscono l’importanza delle misure del colesterolo-LDL e del colesterolo-HDL in siero, così come gli effetti benefici di qualsiasi terapia che riduca i livelli sierici del LDL-colesterolo e che aumenti i livelli sierici del HDL-colesterolo.
Esistono situazioni fisiologiche come la menopausa, dove ci sono cambi nel quadro lipidico come conseguenza della diminuzione nella produzione estrogenica delle ovaie. In queste circostanze, il colesterolo sierico totale s’incrementa come conseguenza di un aumento nella frazione LDL-colesterolo ed una riduzione della frazione HDL-colesterolo; questo cambio nel quadro lipidico è anche associato ad un maggior rischio di malattia cardiaca coronarica. La prevalenza della malattia cardiaca coronarica è relativamente bassa fra le donne in pre-menopausa però s’incrementa significativamente durante la post-menopausa.
La dieta è il metodo preferito per il trattamento dell’ipercolesterolemia ma in molti casi risulta insufficiente per ridurre i livelli del colesterolo a valori inferiori a 250 mg/dl, per il quale si utilizzano farmaci con proprietà riduttrici del colesterolo. Tra questi agenti si trovano i clofibrati, la colesteramina, l’acido nicotinico, il gemfibrozil, la simvastatina, ed il fosinopril, un inibitore dell’enzima convertitore d’angiotensina. Questi farmaci hanno gli inconvenienti d’avere effetti collaterali, e la maggioranza di essi incrementano i livelli di HDL-colesterolo, solamente in forma lieve o moderata, per questo si è tentato nei prodotti naturali, la ricerca d’altre sostanze con proprietà riduttrici del colesterolo-LDL ed elevatrici della frazione colesterolo-HDL.

Per secoli i peruviani hanno utilizzato molte piante per curare le malattie; tra le quali la caigua è stata utilizzata per la cura della ipercolesterolemia, ed è uso comune tra le persone che soffrono di questa patologia.

COMPONENTI Caigua: acqua, La specie è ancora oggetto di studio dal punto di vista fitochimico, sembra sia stata accertata la presenza di vari steroidi tra i quali il sitosterolo.
INDICAZIONI Caigua: Si impiega nel trattamento del colesterolo alto, dei trigliceridi alti, sembra che abbia la capacità sia di abbassare LDL ( colesterolo cattivo) e di aumentare l’ HDL ( colesterolo buono) dopo 3 mesi di assunzione. Spesso le dislipidemie sono causa di malattie cardiache e vascolari. E’ anche essenziale, naturalmente, per abbassare il colesterolo ed i trigliceridi,seguire una dieta sana e bilanciata. Nell’uso tradizionale delle popolazioni Andine, si impiega anche per trattare il diabete, i disturbi cardiovascolari e per abbassare ed eliminare l’eccesso di grassi nel sangue. Si impiega anche nelle donne in menopausa, in quanto la diminuita produzione di estrogeni da parte delle ovaie, espone ad uno squilibrio lipidico e a conseguente rischio coronarico.

CONTROINDICAZIONI Caigua: Le ricerche tossicologiche confermano che gli estratti di Caigua non presentano alcuna tossicità, alle dosi consigliate né a breve né a lungo termine e non si sono riscontrati effetti secondari. ( sono comunque in corso studi) Cautela in gravidanza e allattamento.