Privacy Policy Luglio 2013 - Micomedicina

Fitochelatina, Candida albicans e metalli pesanti

Fitochelatina, Candida albicans e metalli pesanti.

Fitochelatina

Le fitochelatine sono polipeptidi intracellulari prodotti da piante e alghe in risposta a un eccessivo assorbimento di metalli pesanti.

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Struttura generale di una fitochelatina

Le fitochelatine (in lingua inglese: Phytochelatin; abbreviate in PCn) sono proteine citoplasmatiche a basso peso molecolare ricche in cisteinaappartenenti alla III classe della famiglia delle metallotioneine[1]. Sono oligopeptidi costituiti da (y-glutammilcisteinil)nglicina, dove n sta per un numero variabile di ripetizioni del dìpeptide y-glutammil-cisteina; tali ripetizioni, da 2 a 11 (da PC2 a PC11) sono più frequentemente da 2 a 5. I gruppi sulfidrilici (o tiolici) -SH della cisteina permettono la chelazione dei metalli pesanti e ne prevengono quindi l’interazione con i componenti cellulari. Le fitochelatine possono infatti formare complessi molecolari con vari metalli pesanti i quali non possono esercitare effetti tossici perché sottratti alla libera circolazione all’interno del citoplasma cellulare[2]. Nel caso del cadmio i complessi del metallo con le fitochelatine possono variare da 1800 a 8000 dalton[3].

Biologia

Le fitochelatine si rinvengono nelle piante, nei funghi, e in tutti i gruppi di alghe tra cui cianobatteri e licheni. La sintesi delle fitochelatine avviene direttamente a partire dal glutatione oppure da un’altra fitochelatina a più basso grado di polimerizzazione per mezzo dell’enzima Glutatione gamma-glutammilcisteiniltransferasi.[4] Tali organismi, a differenza degli animali, traggono nutrienti (per esempio,rame e zinco) e metalli potenzialmente tossici (per es. cadmio, piombo o mercurio) dall’ambiente acquatico o terrestre. Leconcentrazioni di questi elementi, sia quelli essenziali che i non essenziali, possono variare per cause naturali o antropiche. È pertanto importante per le piante, che non possono allontanarsi di fronte a concentrazioni ambientali tossiche di questi elementi, possedere meccanismi che ne mantengano le concentrazioni entro limiti di sicurezza; la sintesi delle fitochelatine è attivabile nell’arco di pochi minuti e costituisce pertanto un’importante risposta fisiologica per il mantenimento dell’omeostasi cellulare e per la detossificazione[5].

Storia

Gli effetti delle fitochelatine vennero scoperti nel 1973 da Paolo Pelosi e collaboratori dell’Università di Pisa i quali quali osservarono un aumento degli aminoacidi acido glutammico, cisteina e glicina nelle piante di tabacco esposte a concentrazioni elevate di mercurio metallico[6]. Le ricerche, pubblicate su riviste minori, non ebbero l’eco che avrebbero meritato. Nel 1979 fu scoperto l’enzima Glutatione gamma-glutammilcisteiniltransferasi[7]. Nel 1981 le fitochelatine furono rinvenute nel lievito di fissione[8][9] e vennero chiamateCadistine[10]. Nel 1985 Erwin Grill e collaboratori dell’Università di Monaco di Baviera dimostrarono che i tre aminoacidi erano utilizzati nelle cellule vegetali in risposta allo stress da cadmio e altri metalli pesanti già pochi minuti dopo l’esposizione[11]. Il nome «fitochelatine» (dal greco Φυτόν = pianta e χηλή = tenaglia) venne attribuito per sottolineare la loro origine vegetale e la capacità di chelare i metalli pesanti per sottrarli alla libera circolazione all’interno delle cellule al pari delle metallotioneine[12].

Note

1. ^ Klaassen CD, Liu J, Diwan BA. «Metallothionein protection of cadmium toxicity». Toxicol Appl Pharmacol. 2009 Aug 1;238(3):215-20,PMID 19362100, PMCID PMC2740813 (Free Article)

2. ^ Sigel, A., Sigel, H., Sigel, R.K.O. (editords), Metallothioneins and Related Chelators. Metal Ions in Life Sciences, 5. Cambridge: RSC Publishing, 2009, ISBN 978-1-84755-899-2.

3. ^ Olena K. Vatamaniuk, Elizabeth A. Bucher, James T. Ward and Philip A. Rea (2001). «A new pathway for heavy metal detoxification in animals: phytochelatin synthase is required for cadmium tolerance in Caenorhabditis elegans». J. Biol. Chem. 276 (24): 20817. DOI:10.1074/jbc.C100152200.

4. ^ Ogawa S, Yoshidomi T, Yoshimura E. «Cadmium(II)-stimulated enzyme activation of Arabidopsis thaliana phytochelatin synthase 1», J Inorg Biochem. 2011 Jan;105(1):111-7, PMID 21134609

5. ^ Rauser WE. «Phytochelatins and related peptides. Structure, biosynthesis, and function». (Review) Plant Physiol. 1995 Dec;109(4):1141-9, 1, PMID 8539285 (Free article)

6. ^ Pelosi, P.; Galoppini, C. «Sulla natura dei composti mercurio-organici nelle foglie di tabacco». Atti Soc. Tosc. Sci. Nat. Ser. A (1973), 80, 215

7. ^ Shaw LM, Newman DA. «Hydrolysis of glutathione by human liver gamma-glutamyltransferase.» Clin Chem. 1979 Jan;25(1):75-9,PMID 32975 (Free article)

8. ^ Akira Murasugi, Chiaki Wada, and Yukimasa Hayashi (1981). “Cadmium-Binding Peptide Induced in Fission Yeast,Schizosaccharomyces pombe“. J. Biochem. 90, 1561-1564. PMID 7338524.

9. ^ Akira Murasugi, Chiaki Wada, and Yukimasa Hayashi (1981). «Purification and Unique Properties in UV and CD Spectra of Cd-Binding Peptide 1 from Scizosaccharomyces pombe». Biochem. Biophys. Res. Commun. 103 1021-1028. PMID 7332570.

10. ^ Naoto Kondo, Kunio Imai, Minoru Isobe, Toshio Goto, Akira Murasugi, Chiaki Wada-Nakagawa, Yukimasa Hayashi (1984).«Cadystin A and B, Major Unit Peptides Comprising Cadmium Binding Peptides Induced in a Fission Yeast—-Separation, Revision of Structures and Synthesis». Tetrahedron Lett. 25 3869-3872. doi: 10.1016/S0040-4039(01)91190-6.

11. ^ Grill, E., Winnacker, E. L., & Zenk, M. H. (1985). «Phytochelatins: the principal heavy-metal complexing peptides of higher plants».Science, 230(4726): 674-676 (abstract).

12. ^ Grill E, Winnacker EL, Zenk MH. «Phytochelatins, a class of heavy-metal-binding peptides from plants, are functionally analogous to metallothioneins». Proc Natl Acad Sci U S A.’ 1987 Jan;84(2):439-43, PMID 16593801 (Free article)

Le micosi, in particolare quelle da Candida Albicans, sono emerse negli ultimi decenni come un rilevante problema sanitario di cui soffrono sempre più spesso adulti e bambini, in particolare, nei paesi industrializzati.
I lieviti da Candida fanno parte della normale flora microbica del tratto gastrointestinale, del cavo orale, dell’apparato urogenitale e della cute ma condizioni di disbiosi intestinale (alterazione della flora batterica) e di difese immunitarie deficitarie possono permettere a questi funghi di proliferare in modo patologico.
Tra le cause maggiormente conosciute della crescita anomala di Candida ci sono: i ripetuti trattamenti antibiotici e/o cortisonici, le terapie immunosoppressive, le diete squilibrate eccessivamente ricche di zuccheri raffinati, il diabete, l’uso della pillola anticoncezionale, ecc.
Poche persone sanno invece che l’intossicazione da metalli pesanti, derivanti dalle otturazioni dentali in amalgama e da altre possibili fonti, oltre ad essere una condizione molto diffusa, rappresenta una delle cause più frequenti di candidosi ricorrenti o croniche.
I funghi e i lieviti sono noti, infatti, per la loro capacità di legare metalli pesanti: per questo motivo vengono impiegati, sia a livello industriale che nelle miniere per legare argento, oro e altri metalli ed ottenere una buona estrazione.

Il Dott. Dietrich Klinghardt, esperto mondiale di intossicazioni da metalli pesanti e chelazione, afferma che: “il corpo è in grado di usare il lievito per combinare i metalli pesanti e renderli inattivi.
L’organismo preferisce la Candida ai metalli pesanti.”

Il Dott. Robert B. Johnson, che ha ripreso ed ampliato gli studi di Klinghardt aggiunge: “Molte volte, quando i metalli pesanti vengono rimossi e chelati dal corpo, il lievito si riduce notevolmente.
Alti livelli di lievito inducono meno danni alla salute rispetto ai metalli pesanti, per questo si ritiene che il corpo produca lieviti per proteggersi dalle tossine pericolose.”

 

Da quanto sopra, si evince che l’infezione da Candida è sintomo di un altro problema:
l’indebolimento del sistema immunitario. Per attuare un trattamento realmente efficace contro la Candida è necessario, anzitutto, identificare e rimuovere l’agente o gli agenti che hanno causato tale indebolimento progressivo, fattore che ha permesso alla Candida di proliferare in modo anomalo.
Come già detto, i metalli pesanti sono certamente i primi responsabili di una situazione di immunodepressione, cioè una minore capacità di difesa dei linfociti e macrofagi.
I trattamenti anti-candida suggeriti dalla medicina convenzionale si basano sull’uso di antimicotici e di antibiotici, i quali possono aggravare la situazione, poiché distruggono la flora batterica intestinale, esaurendo ulteriormente il sistema immunitario, senza peraltro andare all’origine del problema.
Un trattamento anticandida coerente e realmente efficace deve prendere in considerazione le cause della micosi oltreché i suoi effetti e per far ciò è necessario contemplare più aspetti: la detossificazione connettivale, la chelazione ed il drenaggio emuntoriale delle tossine, tra cui i metalli pesanti e la Candida.
Ovviamente sto parlando sempre ed esclusivamente di specifiche sostanze omeopatizzate, che per loro natura, hanno il potere di penetrare all’interno della membrana cellulare senza intasare ulteriormente gli organi emuntori (gli organi emuntori sono quelli che depurano l’organismo dagli scarti = fegato, reni, sistema linfatico, pelle, polmoni ed altri).
La detossificazione connettivale dà luogo ad una mobilizzazione massiccia delle tossine accumulate nei tessuti. Tra le tossine mobilizzate ci saranno, quantità più o meno importanti di metalli pesanti che devo essere tempestivamente chelate, ovvero, catturate da specifiche sostanze (dette chelanti) e rese inattive, altrimenti lungo il percorso di uscita potrebbero ridistribuirsi nei tessuti. Anche la Candida va mobilizzata per poi essere espulsa. Infine, con il drenaggio emuntoriale si provvederà a sbloccare o semplicemente a stimolare le vie di eliminazione dell’organismo: qualcosa di simile “all’apertura di un rubinetto”.

Fibromyalgia, Multiple Sclerosis, and Vitamin D Deficiency

Fibromyalgia, Multiple Sclerosis, and Vitamin D Deficiency

 

by Scott Grivas, M.D. and Bonnie Mattheus, R.N. Misdiagnosis of Fibromyalgia and Nonspecific Chronic Pain Dr. James Richardson noted in his editorial in the American Family Physician in Jan. 2005 that “Until Vitamin D deficiency is quite severe, adults who are deficient in vitamin D may have chronic pain and lower extremity weakness. Indeed, women who are deficient in Vitamin D often are misdiagnosed with fibromyalgia or even somatization syndromes.” Add to that what authority Michael Horlick wrote in the American Journal of Clinical Nutrition in 2004, that “more than 90% of 150 (people) who presented with nonspecific muscle aches and bone aches and pains at a Minnesota hospital were found to be vitamin D deficient.” Bonnie Mattheus: My Story But when my story began, I didn’t know the facts above. It would have made me feel better mentally and have given direction to therapy, but I’m getting ahead of myself. Over a year ago I was having a medical visit with my doctor, Scott Grivas. He knew I had been struggling with what had been diagnosed as post-traumatic fibromyalgia, (in other words, after a whip lash injury, the doctor found I was “positive” for pain in 18 of the 18 trigger points used to identify “fibromyalgia”). I have forgotten why I had an appointment that day, but I know it wasn’t for the fibromyalgia. As he went over my symptoms, Dr. Grivas decided to do a test for vitamin D deficiency. Now I’m a nurse, and it was the end of summer. Nearly every day I worked outside in my acre of yard. I had also been ingesting two times the normal MDR (minimal daily requirement) of vitamin D in my multiple vitamin. So, I persuaded Dr. Grivas not to do the test since my risk was so minimal (and I don’t like needles.) Six months later, I had to visit my gynecologist who also focused on preventing and treating osteoporosis. She didn’t discuss, but simply ordered a blood draw; among the tests she ordered was a vitamin D level. To my surprise, when I went back in for the results, she found that I was vitamin D deficient and started me on an aggressive supplementation program. Dr. Grivas had been right! I should have listened to him months earlier and had the test. What he knew, and what I had not thought of, was my older age(which reduces skin efficiency in producing vitamin D). In addition, I live in the northern hemisphere where U.V. sun rays are not very available for large portions of the year.With vitamin D supplementation, my “fibromyalgia” has not completely disappeared, but my pain level has gone down so much I rarely notice it any more. What’s strange is that my allergies are also much less problematic now too. Dr. Grivas’ Turn I recall a couple of rather dramatic cases. A middle aged lady came to me complaining of miserable body aches and pains, with no apparent reason. She had been diagnosed with fibromyalgia. We just couldn’t identify the problem. She could barely get around, and her movement was difficult, with diffuse musculoskeletal aches. I had blood drawn for a vitamin D level test. When the results came back, she had so little that it was almost non-detectable. I supplemented her with an oral vegetable based vitamin D. Her relief was remarkable. Suddenly life took on a whole new meaning for her. A second interesting case was a middle aged female with Multiple Sclerosis who came to see me complaining of weakness, numbness, and tingling of her right arm. After lab evaluation, she was discovered to have coincidental vitamin D deficiency. After vitamin D supplemental therapy, hydrotherapy, and anti-inflammatory herbal agents, she dramatically improved in neuromuscular function. Does she still have M.S.? Yes, but she is so very much better. (Having one diagnosis does not protect us from other diseases or nutritional deficiencies. In fact, it may predispose us to them.) This is particularly true with vitamin D deficiency. As a person becomes sicker, the tendency is to stay indoors. That is when what you really need is to get outdoors into the sunshine. Scott Grevis is the Medical Director for Wildwood Lifestyle Center and Hospital, Wildwood, Georgia. He not only sees patients but is active in teaching physicians in America and around the world . Bonnie Mattheus, a RN, adjunct faculty member of Southern Adventist Univeristy, and president of Bon Herbals and Wonderful Things, Inc. writes from Collegedale, Tennessee. Vitamin D Deficiencies: a New Pandemic Part II by Scott Grivas, M.D. and Bonnie Gibson Mattheus, R.N. Recap and intro: In the first part of this article, vitamin D was noted to be a hormone and not a vitamin at all. Researchers currently find vitamin D deficiency around the world in 20-100% of the population. This is markedly related to where the study was conducted and how much sun gets through at that latitude. Vitamin D is essential for the absorption of calcium, which is, itself, indispensable for nerve and muscle function. Therefore, severe vitamin D deficiency may be associated with osteoporosis and a variety of musculoskeletal (muscle and bone) complaints. Today, many physicians are testing patients suffering with chronic musculoskeletal pain for vitamin D deficiency and are often finding that this is a contributing factor to the pain. For example, “fibromyalgia” and “chronic fatigue syndrome” are often associated with vitamin D deficiency and may improve with sunshine and vitamin D supplementation. Who are the people most at risk for developing Vitamin D deficiency: • The fastest growing population group in America: The elderly. The skin loses its ability to synthesize vitamin D by as much as 75% by age 70, Michael Holick reported in 2004. Home bound older adults are particularly at risk, says James Richardson (2005). • The chronically ill. As soon as people get sick, they tend to crawl into bed and stay indoors. “Every patient should be taken out-of-doors daily if there is any way possible,” Dr Grivas says. “Get them out-of-doors in the sunshine and fresh air, the true physicians.” • Malnutrition. Malnutrition caused by inadequate dietary intake of nutrients, inflammatory diseases of the small bowel or pancreas, resection of the bowel, or by-pass procedures may result in significant deficiencies of calcium and vitamin D. • The obese. This is also a group that is growing rapidly in America. The CDC recognizes obesity as a national epidemic and a major health concern. Vitamin D is a fat soluble substance that is accumulated in the large body fat stores making it unavailable for easy utilization. • Anyone with limited sunlight exposure: Clothing, sunscreen usage, staying indoors for work and leisure, glass shielding or living above or below the 37 degree latitude either north or south have reduced penetration of the U.V. ray. These all have their effect in limiting sunlight activation of vitamin D precursors in the skin, thus contributing to vitamin D deficiency. (Holick, 2006). • Persons with darkly pigmented skin require 3-6 times more sun exposure than fair skinned persons. Michael Holick noted that the person most at risk was the older female, of African-American descent, at the end of winter, particularly if they stay mostly indoors. In the American Family Physician, January 2005, James Richardson, M.D., M.P.H., chief of geriatric medicine at Union Memorial Hospital, said up to 84% of elderly black females are found to be Vitamin D deficient. • Persons with a history of kidney or liver disease are at increased risk for vitamin D deficiency because both of these organs play a critical role its manufacture. • Those using certain medications such as anticonvulsants (like Dilantin and Phenobarbital), corticosteroids (like Prednisone and Cortisone), Rifampin (a bactericidal, anti- tubercular drug.) Now go back and count how many of these factors apply to you. Any one is a major factor, but if you have several factors, your risk for vitamin D deficiency is multiplied. Other diseases related to vitamin D deficiency: M.F. Holick, PhD, M.D., one of many authors who contributed to the second edition of the Encyclopedia of Human Nutrition, wrote “Essentially every cell and organ in the body requires vitamin D, i.e., they all have a VDR ( a vitamin D receptor).” And that gives us an explanation as to all the other things that research is learning about this amazing essential hormone. In 2006, Holick reviewed 264 published research findings in the Mayo Clinic Proceedings. He concluded that adequate vitamin D levels aide in preventing cancer. That is interesting, as the elderly have the greatest risk of vitamin D deficiency and the highest risk of cancer. Vitamin D deficiency is related to an increased risk of hypertension, cardiovascular diseases, diabetes, psoriasis, and multiple sclerosis. Interestingly, increased risk for multiple sclerosis is also related to a lack of vitamin D during childhood. (5) Apparently adequate sunshine in childhood is protective against this disease which currently has no cure.Vitamin D deficiency is implicated in rheumatoid arthritis, inflammatory bowel disease, systemic lupus erythematosus, osteoarthritis, and periodontal disease. Who would have guessed? But then Holick did say that it was related to “every cell in the body.” How is vitamin D measured? A laboratory test done on the blood can measure the amounts of available vitamin D in the body. Usually it will measure the vitamin D2 and the vitamin D3 to give a combined result of total vitamin D in the blood. Old standards of interpretation considered anything from 20-100 ng/mL was normal. Newer standards are suggesting that a score below 32 is a deficiency, and as always, going for the middle of the range is a good target goal.Dr. Grivas recommends the 40-50 range as a target. Stay in the middle of the road. What can be done about vitamin D deficiency or insufficiency? Sunshine. No doctor’s order is required for the simplest, cheapest solution of all. Get out into the sunshine every day that you can. This will meet the needs of most people. How much sunshine do you need? The old recommendations suggested exposure of the hands and face for ten to fifteen minutes a day. Researchers now suggest that is less than adequate. Michael Holick in 2006 compiled multiple findings and concluded that the arms and legs need to be exposed to sunshine, not just the face and hands. Remember when the skin produces what we need, increased sun exposure does not create Vitamin D toxicity, though sun burn is a risk and should be avoided. Mrs. E. G. White, a health reformer in her day, said over a hundred years ago, “If all our workers were so situated that they could spend a few hours each day in outdoor labor, and felt free to do this, it would be a blessing to them; they would be able to discharge more successfully the duties of their calling. If they have not time for complete relaxation, they could be planning and praying while at work with their hands, and could return to their labor refreshed in body and spirit.” {Gospel Workers, p 240.2} While this applies to vitamin D production, it also applies to much broader beneficial effects of sunshine and time spent out of doors. Nutrition, what you eat, can also be a non-prescription source of vitamin D. However, Dr. Holick noted that very few foods contain Vitamin D naturally. Oily fish such as salmon contains 400 IU per 3.5 oz, cod liver oil 400 IU/teaspoon; and mackerel and sardines have long been recognized as a source of vitamin D. The use of fish products carries its own risk of increased incidence of disease. Irradiated mushrooms are considered a good source. There are some foods fortified with vitamin D. This includes milk, some orange juice, some breads and cereals. Egg yolks have 20 IU (plus cholesterol). Fortified milk has 100 IU per 8 ounces. Some yogurts contain 100 IU per serving. With the increase in BSE (Bovine Spongiform Encephalopathy), also called “mad cow” disease, and its counterpart in the human, CJD (Variant Creutzfeldt-Jakob Disease,) many people feel this dairy source for vitamin D poses too great a risk. Read the labels on foods you buy. As a general rule, dietary availability of this hormone is limited in foods. Further, the labels do not always say which form of vitamin D has been added. Supplementation and prescription vitamin D can be used. We suggest that the source be considered when choosing to use supplements. While vitamin D2 (ergocalciferol) and Vit D3 (cholecalciferol) both lead to increased blood levels of vitamin D, Dr. Grivas recommends the plant-derived vitamin D2 as being the safer product with decreased risk of animal-carried disease. There is some evidence that D3 in the same doses increases 25(OH) Vitamin D (calcidiol) more than D2. However, Dr. Grivas does not feel that the difference is great enough to warrant going to an animal based vitamin D. Linus Pauling Institute at Oregon State University at http://lpi.oregonstate.edu/infocenter/vitamins/vitaminD/ may be of interest if you want to check things out for yourself. It has 100 of the top research articles and is recently updated. How Much? In 2005, Holick felt there was consensus that the range of need for vitamin D was still estimated as 200 IU for infants under 6 months of age up to 600 IU for persons over 70 years of age (average of 400 I.U., regardless of age). He felt that sunshine should be the first thing to try, not oral supplementation. Vitamin D toxicity Vitamin D is considered to be fat soluble and fat stored, creating a potential for toxicity. Toxicity has only been observed when dietary or supplemental intake exceeded daily doses of 5,000 IU over several months, Holick said. Doses of 4000 IU per day for 3 months and 50,000 IU per week for 2 months have been administered without toxicity. Excessive amounts of vitamin D can cause hypercalcemia and hypercalciuria with an increased risk of kidney stones and soft tissue calcification. And again, remember that sunshine produced vitamin D does NOT result in toxicity. 12-9-09 (latest update) The amount of supplementation needed is the object of much research and the amounts that are recommended keep rising. It is an issue of much debate. Today, Dr. Grivas says that you can safely take 2,000 IU every day year round without a doctor to supervise. Many researchers are calling for the MDR (minimal daily requirement) to be raised to 5,000 IU of vitamin D daily. Dr. Grivas feels that if you need to use the higher dosages, that for the sake of safety, a knowledgeable physician should periodically check the blood level of vitamin D and adjust the amounts. Naturally we need more in the winter months in the Northern hemisphere. Look at a map of the United States. Find Atlanta, Georgia. If you live further north than Atlanta, the essential UV rays can’t get to you in winter because of the tilt of the earth. Smog and clouds may also interfere with UV penetration of the atmosphere. Increased clothing for warmth, obviously also covers the skin so that it cannot receive the sunshine and convert cholesterol into vitamin D. In Summary: 1. Vitamin D deficiency is in the differential diagnosis list (you ought to check for it) for persons presenting with diffuse musculoskeletal pain and/or weakness, including a diagnosis of fibromyalgia & chronic fatigue syndrome. 2. Vitamin D deficiency must be suspected in any patient with osteopenia, osteoporosis or bone fragility, in hospitalized patients, and those who are chronically ill. High risk groups include the elderly, those working primarily indoors, and those who are dark-skinned. 3. If you have increased risk for vitamin D deficiency, your doctor can order a blood level to check. 4. Sunshine is the cheapest and usually best method of treatment, as it does not create toxicity. 5. Being outside to get the sunshine has many additional beneficial side effects related to mood and general health. The wise man said “Truly the Light is sweet, and a pleasant thing it is for the eyes to behold the sun” Ecclesiastes 11:7 When you can, go enjoy it.

Griffonia simplicifolia

Griffonia simplicifolia

 

La Griffonia simplicifolia ha controindicazioni ed effetti collaterali? La Griffonia simplicifolia è una pianta dal robusto legnoso, si sviluppa come un arbusto rampicante e cresce fino a circa 3 m con fiori verdastri i cui frutti sono dei baccelli rigonfi dal colore nero. La Griffonia ha come habitat principale l’Africa centrale e occidentale, in modo specifico la Costa d’Avorio ed il Ghana, dove si trova soprattutto nelle macchie, di solito accanto a cumuli di tane di Macroterme, una specie di termite che riesce a sopravvivere come parassita in pianura, nei boschi, anche nelle vegetazioni poco sviluppate e nelle fattorie locali. Griffonia simplicifolia Nome botanico: Griffonia simplicifolia Nome comune: Griffonia Principi attivi della grifonia simplicifolia Principi attivi: 5-idrossitriptofano, (5-HTP); lectina i-b4 Proprietà ed effetti benefici della griffonia simplicifolia: La Griffonia simplicifolia è una fonte naturale di 5HTP (idrossitriptofano), un acido amminico che riesce a migliorare l’assorbimento di triptofano, un diretto precursore della serotonina. È già stato usato in precedenza, in aggiunta alle cure mediche, per curare la depressione e la fibromialgia. Inoltre, è comunemente utilizzata per eliminare l’insonnia, l’emicrania e nelle diete che prevedono la perdita di peso. È stato dimostrato che riduce sensibilmente il dolore e l’ansia provocate dalla fibromialgia e gli ultimi studi condotti su soggetti che soffrono di depressione in modo leggero offrono risultati confortanti. La Griffonia simplicifolia in erboristeria sia in capsule che compresse La Griffonia simplicifolia si trova in erboristeria sotto forma di capsule e compresse in prodotti appositi per coadiuvare varie problematiche. Alcune persone lo assumono anche per contrastare il disturbo da deficit di attenzione. Effetti collaterali indesiderati: Gli integratori di griffonia simplicifolia però possono anche comportare degli effetti collaterali indesiderati. Da premettere che molti molti degli effetti collaterali di 5-HTP sono di lieve entità, tra questi: meteorismo, nausea, bruciore di stomaco e sensazione di pienezza. Possono anche causare crampi allo stomaco o la diminuzione del desiderio sessuale, se si prendono dosi superiori ai 70 mg. Eventuali controindicazioni griffonia simplicifolia: Bisogna assumere la Griffonia Simplicifolia con cautela e meglio se ci si consulta con il proprio medico. Quello che si richiede è un minimo di attenzione quando si usa il prodotto perché è così nuovo che si conosce ancora poco sui possibili e potenziali rischi. Comunque si conducono ogni giorno ricerche atte a stabilire le potenzialità di un prodotto, e la Griffonia Simplicifolia è anch’essa oggetto di studio. Qualche risultato è stato raggiunto, dato che adesso siamo in grado di descrivere alcuni svantaggi che si possono ereditare utilizzando l’estratto di semi di Griffonia. Molti prodotti che contengono estratto di semi di Griffonia Simplicifolia contengono caffeina, quindi l’uso è sconsigliato verso coloro che ne sono sensibili perché possono verificarsi effetti collaterali come l’insonnia e tremori muscolari. Anche i soggetti che assumono IMAO, SSRI, antidepressivi pesanti, FANS, corticosteroidi o farmaci simili possono non essere in grado di consumare prodotti aventi questo ingrediente. Rientrano nella categoria anche coloro che soffrono di diabete, ipoglicemia, ipertensione e malattie cardiovascolari. Le donne che sono incinte o che allattano possono non essere in grado di utilizzare i prodotti con questo ingrediente. Mentre coloro che lo assumono principalmente per dimagrire devono fare attenzione poiché questo ingrediente può causare diversi effetti collaterali negativi, come bruciore di stomaco e nausea. Inoltre non consigliamo il consumo di alcol se si è assunto estratto di semi di Griffonia Simplicifolia. L’ultimo consiglio indirizzato a coloro che si sono prefissati la perdita di peso è quello di associare una dieta sana e programma fisso di esercizi fisici. Solo così si potranno raggiungere ottimi e soddisfacenti risultati.

L’osteopatia e la Fibromialgia

1)  L’OSTEOPATIA e la FIBROMIALGIA

 

Si tratta di una “strana” malattia che ufficialmente viene annoverata tra i disturbi del sistema nervoso centrale e non come patologia  psicosomatica: a causa di una alterazione del sistema di comunicazione dei neurotrasmettitori, stimolazioni meccaniche di poco conto possono scatenate una dolorabilità esagerata che non esclude nessuna “nicchia” del sistema muscoloscheletrico ivi comprese le localizzazioni nocicettive del cuoio capelluto. Il perdurare di questa condizione comporta una tale difficoltà di riposare e di recuperare che si traduce ben presto in spossatezza con conseguenti attacchi di ansia e depressione in un contesto che amplifica la incapacità discernitiva e la confusione cognitiva del soggetto. Un problema di tale portata va affrontato in un’ottica multidisciplinare che tenga conto sia degli approcci energetici del sistema muscolo tendineo come l’omeopatia,l’osteopatia e ,forse,l’agopuntura,sia del contributo che l’alimentazione apporta in un senso o nell’altro allo scatenarsi dei sintomi. In generale sono auspicabili gli approcci che utilizzino tutte quelle tecniche che consentano di ridurre quella iperattività simpatica causa di alterazioni di tutta la microcircolazione periferica e centrale e di tutti gli aspetti sintomatici di cui parliamo. E’ una strana patologia perchè pur essendo inclusa tra i disturbi della neurotrasmissione centrale,si riconosce che l’evento scatenante delle manifestazioni cliniche coincide con un trauma patologico ( quando mai la consapevolezza della malattia non e’ essa stessa anche trauma pschico?) o psicofisico ( immaginate un grosso insulto al sistema craniosacrale,un incidente d’auto o una importante perdita affettiva: quali sono le differenze per le capacità adattative di un individuo?). Tale trauma rappresenta lo starter della sintomatologia ma vede nelle tecniche miorilassanti analogiche,che attivano le funzioni tipiche dell’emisfero cerebrale destro suggerendo ricordi e sensazioni, un valido approccio da cui si ottengono consistenti miglioramenti per certi pazienti. A livello osteopatico le strade da seguire saranno tutte le tecniche dolci di relax fasciale,la compressione del IV ventricolo,tecnica parasimpaticomimetica per eccellenza, e un approccio che tenda a ridurre lo stress mentale (scatenante?) e interno del paziente cercando di accoppiare gli intenti della parte cosciente con quelli quelli della parte incosciente del soggetto stesso quelli della parte incosciente del soggetto stesso. Sono varie le metodiche che consentono di ottenere risultati in questa direzione:l’effetto di esse si traduce innanzitutto in sensibili miglioramenti dell’espansione diaframmatica e nel rilasciamento miofasciale che ne consegue che è subito avvertito come un gradevole benessere somatoemozionale generale: alcuni pazienti cercano inconsapevolmente di “aiutarsi” in questo cominciando ripetutamente ed insistentemente a sbadigliare. Perciò l’interrogativo è: siamo proprio sicuri che una adeguata informazione energetica di tipo omeopatico accompagnata da opportune stimolazioni che favoriscano la visualizzazione di situazioni ed eventi positivi e propositivi per il paziente e che pertanto consentano il riequilibrio dei due emisferi attraverso il corpo calloso ne più e ne meno come due vasi comunicanti; siamo proprio sicuri,dicevo, che una tale impostazione unita e supportata dalla colonizzazione sistemica di tanti piccoli “dottorini” che agiscono localmente fin nei distretti più reconditi del microcircolo, come solo certi funghi curativi possono fare, non rappresenti l’ulteriore frontiera per contrastare una condizione ,la FM, che altro non è che l’esito materiale di un qualcosa che ha scosso profondamente l’equilibrio e l’omeostasi di quell’individuo?

Alessandro Di Branco.

14/7/2013.


TERAPIA OSTEOPATICA PER PROBLEMI DI:

  • CERVICALGIE DORSALGIE
  • SINDROMI DA COLPO DI FRUSTA
  • LOMBALGIE LOMBOSCIATALGIE SCIATICA
  • SINDROMI DA COLPO DELLA STREGA
  • TRAUMI ED ESITI POST TRAUMATICI
  • DOLORE MUSCOLARE DA VIZI DI POSTURA
  • DOLORE DA REUMOARTROPATIE
  • PERIARTRITE SCAPOLO-OMERALE
  • DISTONIA GASTRO-INTESTINALE
  • FIBROMIALGIA
  • SINTOMATOLOGIA DA STRESS
  • EMICRANIE e CEFALEE
  • SINUSITI, NEVRALGIE DEL TRIGEMINO, VERTIGINI
  • PROBLEMI ARTICOLARI TEMPORO-MANDIBOLARE
  • PROBLEMI DI FUNZIONALITA’ VISIVA
  • GASTRITI ERNIE IATALI


Cos’è  l’ O S T E O P A T I A

Il termine “osteopatia” nasce dall’unione di “osteon” (dal greco: “osso, struttura”) e “path” (dall’inglese “sentiero, via, percorso”) volendo significare: “la via della salute attraverso l’apparato muscolo-scheletrico”.  I principi sui quali si basa questa terapia sono: globalità e capacità di autoguarigione del corpo, relazione tra struttura e funzione.
L’osteopatia, quindi, attraverso un trattamento manuale, cura cercando di restituire al corpo la capacità di svolgere correttamente la propria funzione.
Per struttura s’intende non solo muscoli, ossa e articolazioni ma anche visceri e tessuto connettivo.
Le tecniche osteopatiche agiscono in maniera diretta sulla struttura muscolo-scheletrica ed indiretta su tutti i visceri con lo scopo di migliorare la mobilità e la funzione.
L’approccio alla persona è basato sulla valutazione globale del soggetto, considerando tutti i sistemi ed apparati in collegamento tra loro. Ogni parte del corpo viene valutata da sola e nell’insieme.
Un esempio: un dolore alla spalla può derivare da un trauma alla spalla, ma anche da una contrattura di alcuni muscoli del collo, da una rotazione del bacino, da un problema del fegato.
Interpretando il sintomo come un messaggio lanciato dal corpo, non si cerca di sopprimerlo ma di agire direttamente sulla causa ed aiutare il corpo ad attivare le proprie capacità di autoguarigione.
Obiettivo del trattamento osteopatico è ristabilire una buona funzionalità (articolare, muscolare, circolatoria, di conduzione nervosa, viscerale) che permetta al corpo di affrontare in modo efficace i numerosi e vari disturbi.
La valutazione del paziente avviene nel suo insieme, sia nella statica (esame posturale) che nella dinamica globale e segmentaria. Nell’esame, oltre ai comuni test clinici, si valutano le restrizioni di movimento delle articolazioni, le tensioni muscolari e fasciali, la mobilità dei visceri.
La diagnosi osteopatica (non medica) viene pertanto effettuata valutando la storia del paziente, gli esami di laboratorio (Tac, Rx, esami del sangue etc…), test clinici classici e soprattutto test eseguiti dall’osteopata.



Alcuni Concetti di Base

  • Osteopatia cranio-sacrale:

Questo tipo di approccio si basa sulla connessione anatomica tra cranio e osso sacro grazie alle meningi che rivestono il cervello ed il midollo spinale. In osteopatia si afferma l’esistenza di un ritmo a carico del sistema nervoso centrale che si trasmette alle ossa del cranio (movimento di espansione) ed il sacro (movimento di flesso-estensione).
Questi movimenti sono appena percettibili, ma si possono apprezzare ponendo le dita in precisi punti del cranio e del sacro. L’obiettivo del trattamento è l’ottenimento di un buon ritmo nei casi in cui questo si trovi alterato (ad es. in conseguenza di colpi di frusta o traumi).

  • Le fasce:

In osteopatia tutte le strutture di origine connettivale vengono definite fasce, ma per maggior semplicità si può dire che le fasce sono i tessuti che avvolgono i muscoli e li mettono in relazione tra loro. Hanno una importante funzione ogni volta che si instaura una lesione osteopatica, che comporta delle tensioni muscolari inadeguate e hanno una parte importante nel meccanismo di compenso che si crea sulle strutture muscolari ed articolari circostanti la zona della disfunzione osteopatica. Si può quindi dire che i meccanismi di compenso sono mediati dalle fasce.

  • Concetto di lesione osteopatica:

Si parla di lesione osteopatica quando si ha una perdita di mobilità a carico di una articolazione. Il termine articolazione viene esteso anche alle suture del cranio ed ai suoi legamenti che collegano tra loro i visceri con le strutture circostanti. Non tutte le limitazioni articolari sono però lesioni osteopatiche, come ad esempio un’anchilosi.
Le lesioni osteopatiche sono distinte in primarie (da dove origina il meccanismo lesionale) e secondarie (tentativi del corpo di compensare le tensioni muscolari create dalle lesioni primarie). La cosa più importante è trovare e trattare la lesione primaria, anche se non si devono trascurare le secondarie.

Tutte le lesioni osteopatiche comportano tensioni muscolari anomale nella regione circostante all’articolazione interessata, dato che i muscoli sono motori dell’articolazione. Spesso queste tensioni interessano piccoli muscoli e la persona non se ne rende conto, ma dato che il corpo non può funzionare in maniera efficace se esiste una situazione di questo tipo, cerca di trovare dei compensi a livello delle articolazioni e dei gruppi muscolari (meccanismo lesionale di compenso). Un esempio: in seguito ad una distorsione di caviglia, anche lieve, si può avere una lesione osteopatica a livello di alcune ossa del piede; questo porterà ad una tensione anomala di alcuni muscoli della gamba ed un diverso appoggio del piede a terra. Il resto del corpo si adatta a questo cambiamento nel tentativo di ristabilire un corretto appoggio del piede a terra ed allentare le tensioni muscolari che si sono create, e lo fa a partire dal ginocchio, poi sull’anca e sulla colonna vertebrale sino alla testa.
Tutto ciò perché il corpo cerca sempre una situazione di confort e di risparmio di energia.



La Terapia Osteopatica


Fondata ufficialmente nel 1874 grazie all’opera di un chirurgo americano, Andrew Taylor Still, l’osteopatia viene definita come una “medicina manuale” capace di compiere delle diagnosi nel proprio ambito ed effettuare trattamenti terapeutici tramite l’utilizzo delle mani.
Quale scienza “olistica” (che si prefigge cioè il riequilibrio del soggetto paziente nella sua interezza e non nella cura del sintomo), ha un campo di applicazione molto vasto.
L’osteopata interviene laddove si è venuta a creare una limitazione di movimento, in una o più zone del corpo, tale da alterare l’equilibrio posturale dell’individuo.
A tale scopo si interessa dell’aspetto meccanico dell’individuo, quindi la sua visita è orientata in questo senso e la sua diagnosi non è una diagnosi medica.
Viene valutata la postura e la qualità dei movimenti articolari del soggetto oltre alla sua tonicità muscolare; quindi si concentra sulle informazioni che le sue mani ricevono dai tessuti: valutazione delle tensioni fasciali e dei micro-movimenti articolari.
L’obiettivo è trovare i punti di maggior limitazione articolare, comprendere i più importanti e trattarli. Il trattamento è esclusivamente manuale e varia da particolari tecniche articolari a tecniche di rilasciamento delle tensioni muscolari e fasciali, fino alle tecniche cranio-sacrali e viscerali.
Per esempio: in seguito ad una caduta sulla spalla si può produrre una limitazione articolare dell’omero, ma anche della clavicola e, per il contraccolpo, di una o più vertebre del tratto cervico-dorsale. Il dolore scompare in breve tempo, ma le limitazioni articolari permangono ed influenzano la mobilità locale. Questo comporterà un continuo tentativo di compenso da parte del corpo per permettere lo svolgimento delle normali funzioni; tale adattamento avviene attraverso una ipomobilità compensativa di altre zone ed un cambiamento della postura del soggetto rispetto a quella abituale. Nel tempo questi cambiamenti possono provocare dei sintomi, spesso a distanza dalla regione in cui si è verificato il trauma.
Il trattamento osteopatico risulta inefficace quando la malattia ha raggiunto uno stadio che comporta  gravi lesioni anatomiche (fratture, patologie degenerative avanzate, per es. cirrosi, etc…).
Il campo d’azione dell’osteopatia è, dunque, quello della medicina funzionale ed esclude quindi tutte le lesioni anatomiche gravi, ma anche tutte le urgenze mediche.
In questi casi, non si tratta di ricercare il “punto debole” che ha permesso l’instaurarsi della malattia, ma di agire urgentemente, poiché la patologia in causa non può essere combattuta con le sole difese dell’organismo. A questo punto è necessario un “aiuto esterno” per lottare contro l’aggressore e ristabilire equilibri alterati.
L’osteopata non può somministrare o prescrivere farmaci, né variare al paziente cure a cui si sta già sottoponendo.



Collaborazione Con Altri Specialisti

Non è la sede del dolore che ci indica la reale causa del problema. Diventa necessario, quindi, capire se la causa dei sintomi sia di competenza osteopatica. In alcuni casi non si potrà intervenire, in altri saranno necessari degli accertamenti, in altri ancora sarà necessario, in primis, l’intervento di altri specialisti e, solo in un secondo momento, dell’osteopata. Nel caso in cui l’osteopata verifichi che l’origine del problema possa richiedere preventivamente un altro approccio, consiglierà di consultare altri esperti (ortopedici, medici, neurologi, pediatri, dentisti od ortodonzisti, oculisti, ortometristi od ortottisti, psicologi, omeopati, neurologi, agopuntori etc…).



Osteopatia In Campo Sportivo

La figura dell’osteopata è sempre più apprezzata in ambito sportivo.
La richiesta sempre maggiore di prestazioni ai limiti delle possibilità atletiche sottopone gli sportivi di alto livello a stress e a traumi ripetuti che necessitano di continua attenzione e valutazione osteopatica, al fine di mantenere sempre la struttura dell’atleta integra e reattiva.
Tutto ciò anche per allontanare il più possibile l’insorgenza di fenomeni infiammatori e di cedimenti mio-fasciali, e per facilitare il recupero sia muscolare che metabolico dopo impegni di grande intensità.




Riconoscimento Dell’Osteopatia


L’osteopatia è una scienza attualmente non riconosciuta dal Sistema Sanitario Italiano.
E’ stata presentata alla Camera dei Deputati del Parlamento Italiano in data 1.04.2004 la proposta di legge per il riconoscimento e la regolamentazione delle Medicine Naturali, comprendente l’Osteopatia.
E’ riconosciuta ufficialmente negli Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Israele, Gran Bretagna, Francia, Belgio con un’appropriata formazione universitaria e  conseguente laurea e Albo professionale.
In ITALIA è una Formazione Universitaria Privata di 6 anni alla quale si accede solo se precedentemente in possesso di una laurea in Medicina, Fisioterapia, Scienze Motorie.

Fibromialgia e Morchella esculenta

Fibromialgia e Morchella esculenta nella Micomedicina

 

Questo mese inizieremo un trittico bello e interessante che ci accompagnerà per tutta l’estate e dove si racchiude buona parte dell’aspetto teorico-concettuale della micomedicina: parleremo del trittico fibromialgia, CFS (sindrome della stanchezza cronica) e MCS (sensibilità chimica multipla), sempre  con la nostra lente olistico-simbiotica filtrata attraverso i funghi. Iniziamo con la Fibromialgia, malattia che prende principalmente il sesso femminile, spesso confusa con malattie reumatologiche varie o con forme depressive, tanto che ancora oggi nosograficamente ci sono discussioni su come classificarla e spesso viene scambiata come una  sindrome ansiosa con  somatizzazioni. Ho parlato del trittico perché è nel contesto di queste tre patologie, in cui spesso si mescolano i sintomi, che ritengo possa svilupparsi a pieno il pensiero della micomedicina, partendo da una unica  eziologia : il Micoplasma. Il fungo di riferimento di questo mese è la Morchella esculenta un buon fungo commestibile (primaverile) che cresce spontaneo e ultimamente anche coltivato, con notevoli proprietà medicinali: è un potentissimo antiossidante che unito alle sviluppate capacità chelanti (vedi in seguito sui metalli pesanti), a quelle antinfiammatorie (è paragonato al Diclofenac)  e soprattutto alle capacità antibatteriche (esopolisaccaridi) che servono contro il Micoplasma, rappresenta il nutraceutico di riferimento per la Fibromialgia………

1°Articolo; 2°Articolo; 3°Articolo

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