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Funghi e temperatura corporea

Quello che differenzia la maggioranza dei mammiferi dagli altri esseri viventi è la temperatura corporea che viene mantenuta alimentandosi più volte durante la giornata.
Questo mantenere i 36,5-37° C del corpo scoraggia l’attecchire e lo sviluppo dei funghi patogeni secondo uno studio dell’Albert Einstein College of Medicine presso la Yeshiva University (Usa).

I ricercatori, coordinati dal dr. Arturo Casadevall, suggeriscono che i ceppi fungini patogeni non riescono a sopravvivere e a moltiplicarsi in presenza di alte temperature, come quella del corpo umano sano. A questo proposito, il dr. Casadevall ricorda che «Il nostro studio fa sua la tesi secondo cui le alte temperature potrebbero essere frutto di un’evoluzione atta a proteggerci contro le malattie fungine. E il fatto di essere a sangue caldo, e quindi con la massima resistenza alle infezioni fungine, può contribuire a spiegare la dominanza dei mammiferi dopo l’età dei dinosauri».
Le infezioni fungine che invece a volte accadono in certe persone possono essere dovute a una compromissione del sistema immunitario.

Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno esposto oltre 4mila ceppi fungini a varie temperature che andavano da -4° C fino a 45° C.
I ricercatori hanno coperto migliaia di ceppi fungini facendo uso di una banca dati della collezione Utrecht.
I risultati hanno mostrato che i funghi crescevano bene fino a una temperatura di 30° C. Aumentando la temperatura di un grado centigrado per volta, la possibilità di sopravvivere delle diverse specie di funghi diminuiva in misura percentuale del 6%.
La maggior parte dei funghi non riesce a crescere alle temperature corporee dei mammiferi. Quei pochi casi in cui è avvenuto è perché i funghi erano stati presi da fonti a sangue caldo.

Questo, fanno notare i ricercatori, potrebbe spiegare anche perché i mammiferi debbano mantenere uno stile di vita che promuove la produzione continua di energia e calorie apparentemente inutile e per mezzo dell’ingestione di una grande quantità di cibo.
Al contrario, gli animali a sangue freddo come i rettili necessitano di un solo pasto al giorno o anche meno.
(lm&sdp)

Source: lo studio è stato pubblicato sul “Journal of Infectious Diseases”.

Coltivare il Pleurotus ostreatus

Coltiviamo il fungo ostrica (Pleurotus ostreatus)

Il fungo ostrica (Pleurotus ostreatus) sta conquistando una popolarità maggiore dei prataioli (champignon). In confronto a loro ha un gran vantaggio – lo scambio con l’Amanita phalloides (nota anche come Tignosa verdognola) è escluso.

Il fungo ostrica è ricco di vitamine, aminoacidi e sali minerali che proteggono il corpo umano dalle azioni delle sostanze tossiche. Aiuta l’abbassamento di colesterolo nel sangue. È un alimento a basso valore energetico, per questo è adatto nelle diete dimagranti. Si suppone che abbia anche effetti antitumorali.

Istruzioni per la coltivazione del fungo ostrica (Pleurotus ostreatus)

Avete due possibilità di come coltivare il fungo ostrica – o lo coltiverete su paglia nei sacchetti di plastica o su ciocchi di legno.

Coltivazione su paglia nei sacchi di plastica

Prima preparate la paglia. Prima dell’inoculo la dobbiamo sterilizzare per eliminare i batteri, le spore di muffe e di altri funghi. Per la sterilizzazione avete due possibilità:

  1. Mettete la paglia in un contenitore più grande (un calderone o una vecchia pentola), aggiungete dell’acqua e scaldatela per 1 ora a temperatura di 100°C. Dopo lasciate raffreddare la paglia fino a temperatura di 20–25 °C.
  2. La seconda possibilità (e molto più semplice) è quella di mettere la paglia in un grande contenitore, aggiungere l’acqua bollente e lasciarla così fino a quando si raffredda. Dopo scolate l’acqua e di nuovo aggiungete dell’acqua bollente. Quando si raffredda alla temperatura di 20–25 °C, è pronta per l’inoculo.

L’inoculazione del substrato (paglia) si svolge così: in un grande sacco mettete a turno una volta lo strato di paglia e un’altra il micelio per l’inoculo. Una confezione di micelio basta per 15–20 kg di paglia inumidita che corrisponde a un sacco di plastica di una grandezza circa 50×100 cm. Dopo che avrete riempito il sacco, legatelo. Con una lametta o con un coltello fate nel sacco dei grandi tagli di 3–5 cm, circa 10 tagli per sacco. Se coltivate i funghi in un ambiente con un basso tasso d’umidità, fate piuttosto meno tagli (e secondo la necessità poi ne farete altri). Dopo l’inoculo spostate il sacco in penombra (perché non gli arrivi il sole diretto). La temperatura ideale per la coltivazione del fungo ostrica è di 15–20°C. Più è alta la temperatura, più velocemente cresce il fungo (e più velocemente si consumano le sostanze nutritive della paglia). Per questo è opportuno tenere la temperatura secondo di quanti funghi avete bisogno al momento. Se il fungo ostrica produce più di quanto siete capaci di consumare, spostatelo in un posto più fresco. Se avete bisogno di più funghi, mettetelo in un posto più caldo. Il fungo ostrica produce per 3–4 mesi, poi si esauriscono le sostanze nutritive nel sacco e bisogna preparare una nuova coltura (si può fare anche inoculando la vecchia paglia con il micelio nuovo). Da una confezione si possono produrre circa 2–4 kg di funghi.

La coltivazione su legno

Il fungo ostrica cresce in natura sul legno di latifoglie. Per questo lo potete coltivare anche su ciocchi di legno lunghi 30–80 cm. Vanno bene i ciocchi di tutti i tipi di latifoglie (non le conifere!). Il legno non deve essere stato tagliato più di sei mesi fa. Sono molte le possibilità di come inoculare il ciocco. L’essenziale è che il micelio venga a contatto con il legno, in modo che il fungo possa iniziare a crescere in esso. Potete fare dei fori nel ciocco con un trapano oppure farci dei tagli dove poi metterete il micelio da inoculo. Dopo mettete i ciocchi in un sacco e lasciate crescere il micelio in modo che impregni tutto il ciocco. Poi sotterrateli di 1/3 in un angolo del vostro giardino all’ombra. Nel caso di siccità, spruzzateli con l’acqua. I ciocchi di legno producono per 2–5 anni (dipende dal valore nutritivo del legno).

Funghi contro l’effetto serra

Funghi contro l’effetto serra

Quando il suolo di queste foreste si riscalda, i funghi che crescono sul materiale secco producono molto meno CO2 di quelli che prosperano nel suolo più freddo ma umido

Un aiuto insperato contro il riscaldamento globale viene dai funghi delle foreste boreali che coprono Alaska, Canada, Scandinavia e altre regioni settentrionali: lo afferma una ricerca condotta da ecologi dell’Università della California a Irvine, che illustra le proprie scoperte in un articolo pubblicato sulla rivista Global Change Biology.

Quando il suolo di queste foreste si riscalda, i funghi che si alimentano del materiale secco delle piante morte producono molto meno biossido di carbonio di quelli che prosperano nel suolo più freddo e umido. Questa è stata una sorpresa per i ricercatori, che si aspettavano che il suolo più caldo ne rilasciasse anzi quantitativi maggiori, dato che una temperatura bassa dovrebbe rallentare i processi con cui i funghi convertono il carbonio presente nel suolo in biossido di carbono.

La conoscenza del ciclo del carbonio delle foreste – e in particolare di quelle dell’emisfero boreale, che si stima contengano il 30 per cento circa di tutto il carbonio presente nel suolo del pianeta – è essenziale per le previsioni climatologiche.

“Nelle foreste boreali ‘secche’ non stiamo assistendo quindi a un circolo vizioso di riscaldamento, ma il contrario: l’attuale riscaldamento previene un ulteriore riscaldamento futuro?, ha detto Steven Allison, che ha diretto lo studio.

I ricercatori hanno condotto i loro esperimenti in una foresta in prossimità della città di Fairbanks, in Alaska, approntando una serie di serre e di ?gabbiotti? di controllo. All’inizio della bella stagione, a metà maggio, la temperatura dell’aria e del suolo era la stessa in tutte le strutture, ma dopo la loro chiusura, nelle serre la temperatura dell’aria è salita di 5° e quella del suolo di 1°.

Monitorando temperatura, umidità e livelli di biossido di carbonio, i ricercatori hanno scoperto che le serre calde producevano circa la metà del CO2 liberato nelle altre strutture.

L’analisi del suolo ha così rivelato che nel terreno delle serre era attiva circa la metà dei funghi che producevano il gas nelle strutture di controllo. (gg)

Fonte: http://lescienze.espresso.repubblica.it/

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