Privacy Policy Pericolo arsenico - Micomedicina

Pericolo arsenico

Pericolo arsenico nell’acqua di rubinetto

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A causa della quantità troppo elevata di arsenico nell’acqua rischiano di dover chiudere i rubinetti di 128 città italiane. L’Unione europea non ha infatti concesso la terza deroga sui livelli di inquinanti naturali come l’arsenico, presente in acque di territori vulcanici e presto dovrebbero essere applicate misure preventive per la tutela della salute, soprattutto dei bambini. Sono 91 le città del Lazio con acque troppo ricche di arsenico, in particolare nelle province di Roma, Viterbo e Latina. Seguono la Campania, la Toscana, la Lombardia, il Trentino Alto Adige e l’Umbria. La normativa europea considera accettabile il limite di 10 microgrammi/litro e sulla nuova richiesta di deroghe, avanzata dal Governo italiano lo scorso febbraio si è dichiarata disposta a consentire livelli non superiori a 20 microgrammi/litro.

Nel Lazio sono già pronti i decreti di inibizione del flusso idrico per usi domestici in città in cui non sarà possibile, attraverso già avviate miscelazioni o installazioni di depuratori, scendere sotto il limite fissato. L’arsenico ad alti dosaggi è cancerogeno. L’acqua sarà vietata ai bambini fino ai 3 anni in tutte le città in cui la concentrazione supera i 10 microgrammi per litro. Sotto osservazione è anche il livello di altri inquinanti come il vanadio e i floruri. Pronte anche altre prescrizioni nei comuni in cui si supera la soglia di queste sostanze. «Bene ha fatto – ha dichiarato il professor Gaetano Marra Fara, della Sapienza – l’Unione europea a non concedere deroghe per l’arsenico. Un’assunzione prolungata di concentrazioni elevate potrebbe essere pericolosa per la salute».

Acqua all’arsenico in cinque regioni

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Il Tar del Lazio ha multato per 200mila euro i ministeri della Salute e dell’Ambiente perché in cinque regioni – Lazio, Umbria, Trentino Alto Adige, Toscana e Lombardia – è stato trovato arsenico nell’acqua del rubinetto.

Il Tar ha stabilito 100 euro di risarcimento ai duemila utenti che, tramite il Codacons, il Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori, si erano rivolti ai giudici. «La sentenza – annuncia il Codacons – afferma che fornire servizi insufficienti o difettosi o inquinati determina la responsabilità della pubblica amministrazione per danno alla vita di relazione e rischio di danno alla salute. Forti di questo successo, procederemo allo stesso modo per i danni da inquinamento dell´aria e da degrado in diverse città».

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