La MICOMEDICINA: ovvero come mettere insieme VACCINI CANCRO e FUNGHI passando per i macrofagi e lo Zn
(dita di zinco)
Recentemente è stato approvato dalla FDA il primo vaccino contro il cancro con un nome che sembra il titolo di un film western : “ Provenge”. Il vaccino è nato da una sperimentazione su malati di cancro alla prostata che hanno visto un aumento della speranza di vita media di 4 mesi. Mi piacerebbe molto analizzare il campione su cui è stato fatto lo studio perché una volta un’aumento della vita media di così scarso rilievo non bastava per ottenere una benché minima credibilità e spesso il risultato è dovuto piu’ alla selezione casuale del campione di controllo. Serviranno ulteriori studi, ma il fatto di averlo già approvato dalla FDA, può anche voler dire che il “metodo all’italiana” ampiamente collaudato con i vaccini a casa nostra, ha fatto proseliti anche in america. La Dendreon casa farmaceutica produttrice del Provenge ha utilizzato le cellule dendritiche (cellule che si trovano in particolare su cute e mucose) che fungono da sentinelle del S.I. e che provvedono ad allertare i linfociti T CD4 e CD8 per la risposta antitumorale.
Il problema è che le cellule immunitarie prendono ordine da altre cellule immunitarie geneticamente identiche, quindi le cellule dendritiche necessarie devono essere prelevate da ciascun paziente dotate delle proteine tumorali specifiche e poi infuse nel malato: il tutto per un costo di circa 93.000 dollari per ciclo di cure. Effetti collaterali includono brividi , febbre emicranie e raramente ictus. La risposta immunitaria di base nel cancro prevede che una cellula dendritica ingerisca una cellula tumorale e quindi espone frammenti proteici del tumore chiamati antigeni a due altre cellule immunitarie i linfociti T CD4 (generali) e CD8 (soldati); i CD4 rilasciano le citochine che stimolano l’attivazione dei CD8 spingendoli ad attaccare cellule tumorali con lo stesso antigene. Spesso la risposta non è abbastanza forte da distruggere un tumore: per generare una risposta efficace si potrebbe addestrare il sistema immunitario ad avere una cellula tumorale come bersaglio. Per fare questo due sono i metodi attualmente utilizzati : 1) dal paziente si prelevano cellule tumorali a cui poi è aggiunto materiale genetico per facilitarne l’identificazione, infine le cellule sono irradiate. A questo punto le cellule morte sono iniettate nel paziente, così il sistema immunitario può attaccare tanti grandi bersagli. 2) alcuni antigeni tumorali specifici si possono modificare per renderli visibili al sistema immunitario. I frammenti proteici risultanti (peptidi) si possono sintetizzare senza usare alcun tessuto del paziente, potendo quindi questo vaccino costare molto meno di quello intero. L’inconveniente già evidenziato in alcuni trial clinici suggeriscono che può essere necessario attendere fino un anno dopo in trattamento con un vaccino antitumorale affinché il sistema immunitario inizi davvero a compiere progressi sostanziali contro la crescita tumorale e perdipiu’ i tumori potrebbero sembrare piu’ estesi dopo il vaccino come risultato dell’aumento delle cellule immunitarie ma non di quelle tumorali. Insomma c’è un perfetto approccio “vaccinale” (latenza della risposta e dubbio interpretativo oltre che di efficacia) che la fanno apparire sempre di piu’ presidio di prevenzione ideale ma molto meno farmaco…chissà che l’Italia, dove queste cose vanno per la maggiore, non ci stia già pensando?
Sempre sull’immunità e tumori, un recente studio italiano coinvolge i Linfociti T CD4 e CD8 che sembrano bloccati dalla presenza di RNS (reactive nitrogen species) ovvero ossido nitrico o nitrato di azoto (NO), un agente antiossidante, che invece sembra lasciar passare i macrofagi che favorirebbero la crescita tumorale in considerazione che in alcuni studi l’infiltrazione macrofagica della massa tumorale è stata interpretata protettiva, quasi da barriera per i tumori, contrastando l’azione citotossica delle stesse cellule T CD8 e NK. Sembra curiosa la sorte del macrofago osannato negli anni 90 come produttore del TNF che come dice il nome(Tumor Necrosis Factor) è un fattore di necrosi tumorale CONTRO IL TUMORE, mentre oggi grazie a questi studi osservazionali si rischa di trasformarlo come l’”amico del cancro”. Invece quest’ultimo studio ci permette di fare delle osservazioni fondamentali: infatti l’NO è risaputo esser prodotto dai macrofagi stessi ed a certi livelli ha un’azione antiossidante che contrasta la crescita tumorale ed a altri livelli è addirittura tossico per i macrofagi stessi tant’è che viene liberato solo alla fine: probabilmente hanno visto situazioni in cui la presenza di NO era la conseguenza di una condizione in cui i macrofagi avevano avuto scarsa rilevanza o erano alla fine del loro ciclo vitale: stavano tentando di distruggere il cancro ma non ci sono riusciti e l’eccesso di NO rappresentava come i caduti della battaglia persa. Piuttosto il TNF (Tumor Necrosis Factor) è prodotto precocemente dai macrofagi e può indurre l’apoptosi, cioè un meccanismo di morte programmata, con il quale il corpo può eliminare cellule indesiderate senza l’induzione di una risposta infiammatoria. Le cellule tumorali diventano apoptotiche dopo l’interazione con i macrofagi che producono il TNF e l’esposizione solo a cellule apoptotiche causa un decremento della produzione di NO. Quindi è un meccanismo dose-dipendente: è la mancata attivazione dell’apoptosi la causa della presenza di eccesso di NO e non viceversa, ed è questo il punto centrale, cioè il passaggio da un meccanismo immunologico ad uno epigenetico con la produzione di cloni cellulari citotossici mediato da proteine e, nostra ipotesi, da una sostanza come lo (Zn) che ne modula l’attività. E se ci si pensa bene è lo stesso punto dove la vaccinazione non dà sufficienti spiegazioni. Il punto centrale è come far sì che i macrofagi tramite principalmente il TNF e la compartecipazione di altre citochine (IL-2, IL-12) e cellule (NK, TCD8), inneschino l’apoptosi e la mantengano attraverso la differenziazione dei linfociti T helper in senso Th1, sapendo che questo sistema è il responsabile del mantenimento della risposta immunitaria cellulo mediata citotossica nei confronti del tumore causando la prosecuzione del processo di apoptosi tumorale fatto da altre cellule e con la compartecipazione di anticorpi circolanti stimolando così secondariamente l’immunità umorale. Tornando al nostro vaccino perché sono state scelte allora le dendritiche e non i macrofagi? Andandole a vedere ambedue sono cellule di derivazione mieloide originatesi dal differenziamento tissutale di monociti circolanti. I macrofagi, analogamente ai neutrofili, svolgono funzioni di fagocitosi e digestione ossidativa degli agenti patogeni, ma intervengono in genere nelle fasi tardive dell’infiammazione acuta o nell’infiammazione cronica.
Le cellule dendritiche sono morfologicamente e funzionalmente specializzate nella cattura e nella presentazione di antigene (sono le classiche APC, antigen presenting cells) e come abbiamo detto sono piu’ rare, piu’ mobili, stanno negli epiteli e non hanno attività fagocitica; utilizzarle, senza aver fatto il lavoro”sporco” rappresentato dall’apoptosi macrofagi-stimolata, che libera residui di membrane cellulari tumorali che fungono da antigeni e che ne danno la specificità anticorpale, sembra un non-senso logico: come si può pretendere una risposta specifica partendo da cellule dendritiche e non dai macrofagi che sono gli unici che partecipano alla fase di riconoscimento e di azione iniziale tumore specifica?
Tornando al TNF esso è una proteina transmembrana di 212 AA che diventa citochina solubile tramite taglio proteolitico di una metalloproteasi che è un enzima convertitore a TNFalfa, proviene, come detto, dai macrofagi e per la maggior parte nella forma s cioè solubile omodimerica prodotta in gran quantità dopo esposizione a Lipopolisaccaride LPS (che originerebbe da un’endotossina che compone la membrana dei batteri un gram – rilasciata dopo al lisi). Questo implica la considerazione che a loro spese i macrofagi liberano TNF e lo fanno solo dopo che questi batteri gram -, evidentemente endocellulari e presumibilmente provenienti dalle cellule cancerose, si sono disgregati insieme alle cellule cancerose stesse per apoptosi. Quindi piccolo passo in avanti: è nato prima l’uovo o la gallina? Probabilmente insieme ed è un meccanismo tipo a grappolo d’uva, tanto piu’ c’è LPS proveniente dall’apoptosi o da altre fonti tanto piu’ TNF ci sarà e tanto piu’ richiesta di metalloproteasi e di Zn conseguenzialmente ci sarà. Il TNF anche da solo agisce come pirogeno endogeno e viene amplificato dall’LPS. E tutti quanti insieme macrofagi,TNF, LPS, metalloproteasi e Zn vanno verso il Th1. Anche le metalloproteasi hanno subito lo stesso trattamento dei macrofagi e del NO: perché trovate in notevoli quantità nella matrice extracellulare delle cellule neoplastiche, si pensa che siano utilizzate da queste ultime per distruggere le proteine e per avanzare nell’organismo; non considerando la premessa iniziale fondamentale: le metalloproteasi come l’NO sono solo mezzi con le quali sia le cellule tumorali che quelle anti-tumorali, portano avanti la loro azione e spesso ritrovarle in un campo di battaglia può voler dire solo che sono stati usati ma non da chi e con quale fine.
Le metalloproteasi sono enzimi endopeptidasi zinco-dipendenti implicati nei processi invasivi delle cellule tumorali e nelle metastasi, sono implicati anche nei processi infiammatori ma anche nella sintesi del collagene dell’elastina e nella crescita e riparazione cellulare. Sono collagenasi, gelatinasi, stromalisine, MT tipo membrana, MMP18-20-21-22-23, e molte altre.Le metalloproteasi sono implicate nel rimodellamento fisiologico della matrice ma si è anche evidenziata una loro iperattività nei processi di degradazione delle infiammazioni e delle ferite croniche. Quindi ci sono per le metalloproteasi tre aspetti come invasività ma anche crescita e riparazione cellulare in apparente contrasto fra di loro: e sono tutti legati ai livelli di Zn circolanti. Inibitori delle metalloproteasi sono gli agenti chelanti come EDTA specifici per lo zinco e quelli non specifici alfa 1 antiproteasi e alfa 2 macroglobulina. In particolare le metalloproteasi (Zn) blocca la 5 alfa reduttasi enzima di conversione del testosterone in piu’ potente DHT causa della calvizie. Un’altra azione importante è l’inibizione delle lipasi dei batteri e dei lieviti. Particolarmente importanti per i tumori sono gli inibitori tessutali delle metalloproteasi (TIMPs) attraverso legami non covalenti diretti. I TIMPs sono particolarmente importanti sui processi di processamento delle citochine metalloproteasi mediate. Inibiscono in particolare le collagenasi, le gelatinasi e stromalisina. etc. I TIMPs sonostati dimostrati inibire la crescita tumorale e le metastasi in animali e in colture cellulari (inibisce in vitro il potenziale invasivo delle cellule neoplastiche nel ca mammario e in vivo crescita tumorale e metastasi nel topo), in particolare l’espressione del TIMP-1 è aumentata da vari fattori di crescita dalle citochine come TGF e IL-1, mentre il TNF possiede nei confronti del TIMP-1 un effetto bifunzionale: basse concentrazioni ne stimolano la funzione ed alte concentrazioni la sopprimono. (Sarebbe interessante verificare se ad alte concentrazioni di TIMPs corrisponda a basso livello di Zn). L’aumentata espressione di TIMP-3 induce neo sintesi di DNA e promuove la morte cellulare attraverso processi di apoptosi in cellule umane di carcinoma del colon e TIMP-1 E TIMP-3 sono inoltre capaci di inibire la neo-angiogenesi nei tumori (Ito A. 1990, De Clerk Y.A. 1994, Wang M.A. 1997). Si può ipotizzare che la quantità di TIMPs moduli l’espressione genica su diversi cloni cellulari che agiscono attraverso complessi meccanismi modulanti a loro volta le metalloproteasi presenti. Il tutto è ipotizzabile sia condizionato dall’azione dello zinco soprattutto per la quantità presente e di quella biodisponibile alle tre funzioni dello Zn: 1) Funzione Enzimatica 2) Funzione strutturante le proteine 3) Funzione di trascrizione sul DNA. Lo Zn è l’elemento presente in piccola quantità nell’organismo in media tra 1,4 e 2,3 g. Il fabbisogno dell’adulto ammonta a 10-20 mg al dì. Viene assorbito nell’intestino tenue ad opera di trasportatori che ne regolano l’assunzione (in genere mai superiore al 30%) a seconda delle esigenze dell’organismo. L’eliminazione avviene tramite urine e sudore. Lo Zn agisce soprattutto come co-enzima si ritrova su circa 200 complessi enzimatici coinvolti in numerosissime funzioni tra cui la protezione delle cellule dai radicali liberi, il metabolismo dell’alcool, la formazione della forma attiva della vitamina A, il trasferimento dell’anidride carbonica al sangue. Inoltre svolge un ruolo importante nell’emoglobina, dove incrementa la sua affinità per l’ossigeno, nelle papille gustative, nel sistema immunitario, nei processi di espressione genica e nella gravidanza, nell’attivazione dell’insulina. Una carenza di zinco è piu’ frequente di quel che sembri e può essere causata da una dieta povera di carni e ricca di cereali nei quali i fitati inibiscono l’assorbimento intestinale, ma anche per patologie come l’alcoolismo, età avanzata, eccessiva eliminazione urinaria (attenzione ai diuretici) etc. Anche la presenza di disbiosi intestinale, in particolare funghi come candida albicans, inibiscono l’assorbimento di Zn. In particolare sono proprio batteri ed in aperticolare i lieviti, anche nelle infezioni sub-acute e croniche intestinali, che competono con le cellule epiteliali per accaparrarsi Zn necessario per i loro processi di crescita. Recentemente è stato dimostrato che la calprotettina, un peptide a funzione antibiotica prodoto dall’uomo, è altamente espressa durante un’infezione fungina ed essa sequestra lo zinco. In ogni forma infettiva cronica, in particolare fungina, c’è sempre una corsa allo Zn, per cui la carenza è molto, molto piu’ diffusa di quanto appaia, anche perché i sintomi possono essere blandi e vanno da un’incanutimento precoce, all’ipogonadismo, all’anoressia, alla diminuzione dell’olfatto e del gusto e della vista, dermatiti, ritardi nelle cicatrizzazioni e instabilità. Un’azione importantissima dello Zn è quello di stabilizzare la struttura secondaria tridimensionale delle proteine le famose dita di zinco che legano i residui di istidina e cisteina. Le proteine sono costituite da catene flessibili stabilizzate da legami idrogeno, da interazioni tra AA di carica opposta (acidi e basici) e da interazioni idrofobiche (Van der Waals) tra AA apolari. Questi legami da soli non sono sufficienti a dare stabilità alla struttura; pertanto se due cisteine e due istidine vengono poste vicine tra di loro in una catena proteica, possono legare uno ione zinco e la catena risultante si deve piegare per avvolgersi strettamente attorno allo ione metallico assumendo la forma caratteristica che ricorda quella di un dito. Le dita di Zn sono così utili che si trovano in migliaia nelle nostre proteine e sono comuni nelle piante, negli animali e nei funghi ma non nei batteri. Le dita di Zn hanno un ruolo essenziale nel riconoscimento del DNA. Studi effettuati sulle uova di rana concludono che il fattore di trascrizione che contiene 9 dita di zinco consecutive aiutano al controllo della trascrizione di un gene che codifica per l’ RNA ribosomiale. La sequenza di dita di zn si avvolge attorno al DNA e all’RNA legandosi nelle scanalature in maniera concatenata in grado di leggere sequenze di DNA secondo un approccio modulare così efficiente che gli scienziati stanno provando a costruire dita di zn artificiali con diverse specificità; si potrebbero ottenere così proteine con dita di Zn in grado di leggere qualsiasi sequenza di DNA. Lo Zn è elemento traccia essenziale secondo solo al ferro, è importante quindi nel metabolismo delle proteine e degli acidi nucleici, è essenziale per l’insulina, ormoni della crescita e sessuali, sotto forma organica si trova in particolare nei pesci (ostrica 90,81 mg ) al secondo posto nei funghi secchi seguito alla lontana dal cacao, noci e tuorlo d’uovo. Lo Zn come già detto, inibisce l’attività per il 30% della 5 alfa reduttasi enzima di conversione del testosterone nel piu’ potente DHT che causa la calvizie e se si associa a piridossina (viatmina B6) e acido azelaico l’efficacia aumenta. Nel corpo umano si trova soprattutto nelle ossa, nei denti, nella pelle, nel fegato, nei muscoli e nei capelli. E’ implicato nell’assorbimento della vitamina A e di quelle del gruppo B. Ricercatori Finlandesi hanno dimostrato che la somministrazione di Zn determina un aumento dei livelli plasmatici di testosterone e del numero di spermatozoi nel liquido seminale. La migliore forma organica è quella acetata, ma lo zinco orotato, tra gli integratori, è quello con il migliore assorbimento. Oltre all’alcool di cui è indispensabile per il metabolismo, anche il fumo di sigaretta, attraverso il cadmio, ne impedisce l’assorbimento. Oltre ai diuretici anche gli anti-MAO e corticosteroidi possono interferire con l’assorbimento. Il dosaggio ottimale dello zn sierico è attorno ai 60 mcg/dl. In USA si raccomanda un’assunzione quortidiana di Zn per gli adulti di 12,5 mg. Durante la gravidanza se ne dovrebbero assumere almeno 30 mg e 15 durante l’allattamento. Agli anziani sono stati somministrati fino a 600 mg di solfato di Zn senza problemi. L’assunzione di Zn difficilmente può comportare iperdosaggio, è piu’ facile un’interferenza sull’assorbimento di rame e ferro, pertanto se ne consiglia un’assunzione simultanea. Lo Zn è stato utilizzato nel trattamento del carcinoma della prostata con buoni risultati.
Quanto sopra può comprovare la tesi di una cronica carenza subclinica di Zn, in particolare verso coloro i quali soffrono di disbiosi e micosi intestinale considerata la predazione dei funghi verso lo Zn stesso, con effetti intranucleari nella diminuzione delle dita di zinco che aumentano gli errori nella trascrizione proteica e con effetti epigenetici, creando proteine inefficenti causa della degenerazione neoplastica e una alterata funzionalità delle metalloproteasi che non agiscono sul Macrofago non permettendo la formazione del TNF e dell’apopotosi bensì comportandosi in maniera pro-tumorale.
Maurizio Pianezza afferma :” Il dato emergente è che sono le proteine a governare la funzione della cellula, mentre il DNA è solo la funzione riproduttiva.” E ancora “ il processo canceroso non si riconosce, se non in piccola percentuale, nel modello genetico attualmente sostenuto. Sono assolutamente piu’ aderenti al processo canceroso i meccanismi epigenetici, la membrana cellulare tramite i suoi recettori attivati, trasduce segnali che condizionano la lettura del DNA, lo stesso avviene per i recettori nucleari i quali possiedono una specificità di legame variabile con il DNA. Analogamente agendo sui siti catalitici delle proteine nucleari, si condiziona la trascrizione”. E’ proprio quello che fanno le dita di zinco.
Oltre quindi alla raccomandazione della supplementazione di Zn, e vedremo dopo sotto quale forma, torniamo un attimo all’apoptosi che possiamo definire come un processo di attivazione endogena di necrosi cellulare attivato da livelli progressivamente crescenti di TNF e LPS che porta ad un aumento della temperatura corporea senza un processo infiammatorio. Questo processo, attivato da pirogeni endogeni, come il TNF, è tanto piu’ specifico ed efficace quanto piu’ elevato e specifico è il livello di lipopolisaccaride prodotto dall’endotossina del gram – evidentemente liberata dall’apoptosi a livello intracellulare tumorale. L’LPS oltra a rappresentare un indicatore dell’efficienza dell’apoptosi oggetto di verifiche anche con altri approcci complementari come per la terapia con il Viscum Album, rappresenta, da ultimo, l’affermazione secondo Enderlein del pleomorfismo e della co-presenza di natura parassitaria di un’endosimbionte batterio gram – quale causa ultima di un processo neoplastico?
Concludendo e tornando al vaccino, lo Zn è sempre presente come adiuvante e stabilizzante proteico in ogni vaccino: vai a vedere che la vera e completa azione immunologica immediata ed epigenetica sia dovuta più a questo elemento piuttosto che ad altro, e che il reale motivo dell’aumento del cancro nella nostra società sia una carenza dell’assunzione oppure per l’azione competitiva dei miceti come la Candida albicans ….. e, a meno non si pasteggi tutti i giorni con ostriche e champagne….!!
Un’ ultima osservazione, lo zinco in forma organica, quindi direttamente biodisponibile, è presente in molti funghi ed in discreta concentrazione in particolare nel Lentinus edodes (Shitake) e nel Coprinus comatus: l’ azione caratteristica dei funghi sta proprio nella biodisponibilità intesa come la possibilità che lo zinco in forma colloidale, cioè nella forma libera organica perché frammista all’acqua (micelle) e per questo apolare, possa essere assorbito ed entrare nel pattern enzimatico dei funghi stessi favorendone l’azione co-enzimatica ossidoriduttiva antiradicali liberi con produzione di NO, come pure attraversare le barriere cellulari dell’organismo ospite arrivando dove necessita (dentro alle cellule stabilizzando le proteine) e stimolando la produzione endogena di metalloproteasi “buone” quelle implicate cioè nella crescita e nella riparazione cellulare. Meccanismi, (non solo questi) implicati nella genesi dei tumori.
Tutto questo possono fare i funghi ? Mancano sufficienti conferme scientifiche, ma sono molti gli indizi per cominciarne uno studio serio; sicuramente sarebbe il caso di consigliarne l’utilizzo alimentare e come integratori…..quantomeno sono più convenienti dell’ostrica!
Un’ultima considerazione sulla bivalenza dei funghi, possono essere motivo di carenza (Candida albicans) come cura (Lentinus edodes) a base di zinco, ed è proprio questo in fondo quello che ci caratterizza e ci accumuna come tutti gli esseri viventi, veleno e farmaco, diavolo e acqua santa, due facce della stessa medaglia in continua trasformazione fra loro… come lo yin e lo yang.
E come il simbolo della Micomedicina lo dimostra, al centro di tutto, della Biotrasformazione, c’è il fungo.
Copyright 2012 © Dott Maurizio Bagnato Micomedicina Marchio Registrato ®
All rights reserved
Rispondi