Funghi pro:
1)Pioggia
In Amazzonia, l’acqua è l’elemento naturale che domina l’ecosistema della foresta pluviale: ogni anno precipitano dai 2 ai 4 metri di pioggia, rendendo questa chiazza verde sudamericana uno degli ambienti più umidi del pianeta.Le grandi quantità di precipitazioni atmosferiche, tuttavia, potrebbero non essere soltanto la conseguenza della latitudine geografica della foresta amazzonica: un team del Max Planck Institute for Chemistry ha infatti scoperto che alcune particelle emesse nell’atmosfera dai funghi della foresta contribuiscono in modo sostanziale alla formazione di nubi e pioggia a bassa quota.”Per creare la pioggia, si ha bisogno di una superficie su cui l’acqua possa condensarsi. La biosfera di microrganismi e piante rilascia particelle che innescano la pioggia” spiega Christopher Pöhlker, a capo del team che ha effettuato la scoperta.Secondo Pöhlker, la cui ricerca è stata pubblicata di recente sulla rivista Science, il sistema amazzonico è influenzato da due meccanismi differenti: quello climatico, come già abbondantemente dimostrato, e quello biologico, che sembra in qualche modo modificare le condizioni atmosferiche naturali.Pöhlker ed il suo team hanno prelevato campioni di aria “pura” da una località sperduta nella foresta amazzonica, località che si suppone non sia mai stata raggiunta dall’essere umano. “Eravamo particolarmente interessati a capire come funzionavano le nubi ed il clima prima che l’uomo iniziasse ad inquinare” spiega Pöhlker.Ma anche l’aria più pura del pianeta contiene innumerevoli particelle in sospensione, di natura organica e non. Un ecosistema come la foresta amazzonica rilascia milioni di minuscole particelle, delle dimensioni di qualche molecola, ogni singolo giorno.Sono proprio queste particelle a formare uno strato costante di aerosol appena sopra le cime degli alberi, a circa 80 metri di quota. Queste minuscole particelle, inoltre, possono formare agglomerati di dimensioni maggiori, da 20 a 200 nanometri di diametro.Questi agglomerati contengono elevati livelli di sali di potassio, e sono circondate da un composto organico simile a gel. Una delle fonti più massicce di potassio sono i funghi, che usano acqua ad alto contenuto di potassio per lanciare in aria le loro spore; ma molte altre piante sono in grado di rilasciare nell’atmosfera questo elemento.”Ci sono ancora molte ricerche da fare per scoprire se i funghi sono realmente la fonte primaria, e capire il meccanismo e le quantità di sali di potassio emessi” afferma Pöhlker.Secondo una ricerca pubblicata nel 2011 da Markus Petters, docente della North Carolina State University e collaboratore di Pöschl, ben l’80% delle particelle più grandi di un micrometro in sospensione nell’atmosfera amazzonica sono di origine biologica. “Fondamentalmente, gli alberi ‘trasudano’ molecole organiche che reagiscono con dei composti nell’atmosfera, producendo minuscole particelle delle dimensioni tra i 20 e i 200 nanometri” spiega Petters. “Queste particelle inseminano le nuvole. Inoltre, altre particelle biologiche formano i nuclei di ghiaccio per le nuvole”.”La foresta pluviale Brasiliana durante la stagione delle piogge può essere descritta come un bioreattore” spiegò Pöschl circa un anno fa, “il numero di gocce che cadono dalle nuvole sulla foresta pluviale Amazzonica è limitata dall’aerosol, cioè dipende dal numero di particelle di aerosol che sono rilasciate dall’ecosistema.”
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Funghi pro:
2) disinquinamento radioattività
Un fungo porcino, il ‘baio’ sarebbe un vero ‘divoratore’ di radioattività da cesio 137
Autore: newton.corriere.it
venerdì 9 novembre 2012 – letto [ 3757 ]
funghi porcini
La scoperta, fatta nell’ambito delle ricerche del dopo Cernobyl, ha evidenziato la predilezione di questo fungo per il cesio 137. Un rischio per l’alimentazione, ma una speranza per la decontaminazione dei terreni.Uno dei funghi più diffusi soprattutto in Francia, il ‘porcino baio’ (quello col cappello rosso, come nelle illustrazioni delle favole), conterrebbe un pigmento che ‘si nutre’ di cesio 137, prodotto radioattivo che finisce sul terreno soltanto dopo un incidente come quello di Cernobyl nel 1986.Se la notizia non farà piacere agli amanti dei funghi, la scoperta di alcuni scienziati francesi servirà per ‘decontaminare’ i terreni radioattivi.Dopo l’esplosione di Cernobyl, con la nube che passò su mezza Europa, Francia compresa, i funghi furono fra i principali prodotti finiti nel mirino dei misuratori di radioattività. Erano infatti, fra tutti i vegetali, quelli che più trattenevano il cesio 137.Dopo 16 anni, la radioattività nei porcini bai resta stranamente elevata, anche se non a livelli rischiosi per l’uomo. Finora questa anomalia veniva spiegata con la grande capacità dei funghi di catturare, nel suolo, il cesio che si trova nelle materie organiche di cui si nutrono.Ora, per la prima volta, un gruppo di chimici dell’università ‘Louis-Pasteur’ di Strasburgo, guidati dalla ricercatrice Anne-Marie Albrecht-Gary, ha identificato una molecola direttamente coinvolta nel processo di fissazione del cesio 137, il normadione A. Si tratta della stessa molecola che produce la colorazione tipica al cappello del fungo e che sarebbe una straordinaria divoratrice di cesio 137 che trova non solo nel terreno ma nell’atmosfera.
La scoperta, negli auspici degli scienziati, potrà essere direttamente utilizzata nella preparazione di nuovi metodi di decontaminazione dei terreni inquinati dalla radioattività.
Funghi pro:
3) disinquinamento acque
La notizia arriva dall’Università Americana di Harward; il fungo della Stilbella aciculosa sarebbe in grado di contrastare i pregiudizievoli effetti dell’inquinamento delle acque; gli scienziati sperano che questa scoperta possa contribuire alla tutela del patrimonio ambientale mondiale.Ecco una notizia che farà sorridere gli ambientalisti di tutto il mondo; nonostante, l’uomo si mostri sempre più spesso disinteressato alla tutela dell’ambiente, contribuendo, fra l’altro, alla disfatta ambientale del pianeta, fortunatamente, in natura c’è chi, al contrario, silenziosamente si impegna ininterrottamente al fine di ridurre l’inquinamento delle acque terrestri.Uno studio condotto presso l’Harvard School of Engineering and Applied Sciences ha dimostrato che un fungo ascomicete presente nelleacque inquinate, durante le fasi della sua riproduzione asessuata, produce determinati sali minerali che aiutano a ripulire l’ambiente dagli agenti metalli tossici.Gli esperti di Harvard hanno scoperto che il comune fungo Stilbella aciculosa, durante la differenziazione cellulare, in particolare durante la formazione delle strutture riproduttive asessuate, produce quell’ingrediente necessario, il superossido, un sottoprodotto della crescita fungina che viene creato quando l’organismo produce le spore, che aiuta il processo di depurificazione delle acque.Lo studio pubblicato sulla rivista dell’Accademia di Scienza Americana e condotto dalla prestigiosa Università a stelle e strisce ha rivelato che il superossido, una volta rilasciato nell’ambiente, reagisce con il manganese, producendo un minerale altamente reattivo in grado di eliminare i metalli tossici, di degradare substrati di carbonio e di controllare la biodisponibilità dei nutrienti.Il manganese è un elemento versatile, presente nella crosta terrestre che gioca un ruolo importante nella “cattura” del carbonio, nella fotosintesi e nel trasporto e di sostanze nutrienti e contaminanti. Sotto forma di ione, dà luogo ad un minerale reattivo che è estremamente utile al fine di ripulire le acque da sostanze pericolose come arsenico, cadmio e cobalto.Lo studio è stato guidato da Colleen Hansel, il quale ha scoperto che questi funghi sono delle vere e proprie spugne naturali che ripuliscono le acque.Secondo gli esperti, la bonifica delle miniere di carbone potrebbe essere agevolata dai batteri e dai funghi attraverso il processo di ossidazione del manganese.
Hansel avrebbe dichiarato che: “è stato un enigma nel campo della biogeochimica dei metalli”. Infatti, per decenni nessuno è stato in grado di capire perché, o come, alcuni gruppi di batteri e di funghi ossidassero il manganese, visto che non lo facevano al fine di ottenere energia.
Lo stesso Hansel ritiene che questa scoperta, nonostante possa apparire una reazione laterale accidentale, potrebbe, invero, fornire benefici indiretti per l’organismo del fungo, data l’elevata reattività degli ossidi del manganese, e, di converso, contribuire sensibilmente alla pulizia delle acque dagli elementi inquinanti.
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