OLI E ACIDI GRASSI NELLA SM
Olio di Canapa
L’olio di semi di canapa come supplemento dietetico nella pratica medica
Jonas Elia*, Belotherkovsky Dany**
* dott. Jonas Elia, medico chirurgo specialista in pediatria e neuropsichiatria infantile.
** dott. Belotherkovsky Dany, diplomato in Riflessologia ed in Medicina Omeopatica, laureato in Medicina e
Chirurgia presso l’Università degli Studi “La Sapienza” in Roma.
Indirizzo e-mail per la corrispondenza: www.bdanik3@gmail.com
L’olio di semi di canapa è un alimento che si ricava per spremitura a freddo dei frutti della pianta di canapa,
Cannabis Sativa (sativa – coltivata).
La storia dell’uso di olio di canapa parte dalla Cina del periodo neolitico intorno al 3000 a.c. i semi erano usati
per combattere le infiammazioni delle pelle ed erano considerati tonici, ricostituenti, lassativi diuretici ed
eccellenti per liberare dai vermi i neonati e gli animali.
Il primo utilizzo terapeutico della canapa documentato nella letteratura araba risale ai secoli VIII-IX, le parti
della pianta più usate in terapia erano i semi e in minor misura le foglie.
L’olio di canapa è particolarmente ricco di acidi grassi essenziali polinsaturi della famiglia omega.
Tecnicamente gli Omega (Ω) sono acidi grassi polinsaturi che, dal punto di vista chimico, hanno la
caratteristica di possedere un primo doppio legame in posizione 3 (Ω3) o in posizione 6 (Ω6) a partire
dall’ultimo atomo di carbonio della catena che li forma.
Oggi sappiamo che gli acidi grassi essenziali agiscono attraverso vari meccanismi d’azione, svolgendo ruoli
essenziali nel traffico metabolico come metaboliti e messaggeri sia agendo direttamente sui recettori nucleari13
per attivare o reprimere diverse vie metaboliche necessarie per la corretta risposta difensiva della cellula, sia
permettendo all’organismo di formare le molecole eicosanoidi che sono coinvolte nelle funzioni riproduttive,
nelle infiammazioni, nella febbre e nel dolore associato a traumi o malattie, nella formazione dei coaguli di
sangue, nella regolazione della pressione sanguigna, nella secrezione dell’acido gastrico e in molti altri processi
importanti per la salute dell’uomo.
La maggior parte degli oli vegetali non contiene il rapporto ottimale di Ω6 e di Ω3 e tende a promuovere
l’accumulo di prodotti intermedi che ostacolano il metabolismo degli acidi grassi. L’olio di semi di canapa, al
contrario, è correttamente equilibrato e non promuove accumulo di prodotti metabolici.il rapporto tra Ω6 e Ω3
nell’olio di canapa è di 3 a 1 rispettivamente, e proprio questo è il rapporto consigliato e confermato dalle
ricerche mediche per l’assunzione degli acidi grassi essenziali.
Dagli studi svolti sul rapporto degli omega sappiamo che durante la storia evoluzionistica dell’uomo il rapporto
tra Ω6/Ω3 era di 1–2/1. Oggi nelle società occidentali è fra 10-20/1. In uno studio di prevenzione secondaria
della malattia cardiovascolare il rapporto tra Ω6/Ω3 (LA/ALA) era di 4/1 e ha condotto ad una diminuzione del
70% nella mortalità totale. Follow – up: 2 anni, mentre il rapporto tra Ω6/Ω3 (LA/ALA) 4/1 sembra essere
ottimale per le funzioni mentali. il rapporto tra Ω6/Ω3 di 2–3/1 ha soppresso l’infiammazione in pazienti con
l’artrite reumatoide ed un rapporto di 5/1 ha avuto un effetto benefico sui pazienti con asma, mentre un
rapporto di 10/1 ha avuto conseguenze avverse.
La conclusione di tali ricerche evidenzia che un basso rapporto degli acidi grassi Ω6/ Ω3 è desiderabile per
attenuare le complicanze delle malattie cronico – degenerative.
Oltre all’omega 3 e all’omega 6, l’olio di canapa contiene anche la famiglia dei tocoferoli (vitamina E ) che sono
antiossidanti naturali, nonché i fitosteroli e alcuni componenti la famiglia dei cannabinoidi, quali il
Tetraidrocannabinolo (THC) e il Cannabidiolo (CBD). Quest’ultimo non ha alcun effetto psicoattivo, ma agisce
sul sistema delle anandamidi prodotte dal nostro organismo (cannabinoidi endogeni ) che modulano le risposte
dell’organismo, sia nel sistema immunitaria che agevolando le funzionalita’ cognitive e mentali attraverso
l’attivazione dei recettori specifici recentemente scoperti.
Il livello di THC è molto basso12, meno di una parte per milione e per avere effetti “tossici” da parte di questa
sostanza bisogna assumerne dai sei ai nove litri di olio al giorno (meglio trovare altro modo), fino ad oggi non
si è verificato nessun tipo di effetti collaterali derivati dall’assunzione di olio di canapa, però si sono verificati i
suoi effetti benefici sulla salute, sia per i bambini che per gli adulti, nella prevenzione e nel trattamento delle
malattie alla cui la origine c’è la reazione infiammatoria (tutte).
L’olio di canapa rappresenta un rimedio basilare cioè un alimento che per sua natura puo ottimizzare la
risposta del sistema immunitario come prevenzione ma anche nella cura di patologie e disturbi che dipendono
da squilibri nella omeostasi metabolica ed alterazioni funzionali del sistema immunitario. L’olio di canapa può
essere considerato “vaccino” nutrizionale nel senso che ha tutti gli effetti di un alimento protettivo
introducendolo quotidianamente nella dieta. L’olio di canapa ha un odore e un sapore gradevole e può essere
utilizzato, per condire l’insalata, la pasta, il pesce ed essere introdotto nell’ uso quotidiano al posto degli altri
olii di semi.
il mondo scientifico ammette la straordinaria importanza del consumo adeguato dei acidi grassi essenziali e la
ricerca è ancora in continuo sviluppo.
Dauno studio randomizzato in cieco, placebo controllato con l’assunzione dell’olio di semi di canapa per
quattro settimane in pazienti affetti da dermatite atopica si è avuto un miglioramento dei sintomi clinici della
malattia. Tali risultati sembrerebbero legati al giusto rapporto tra gli acidi grassi essenziali in questo olio.
Un altro studio randomizzato in doppio cieco ha raggiunto significato statistico del abbassamento del livello
ematico dei trigliceridi e colesterolo in volontari sani dopo quattro settimane di assunzione dell’olio di semi di
canapa.
Il dott. Jonas Elia, Medico Chirurgo Specialista in pediatria e neuropsichiatria infantile, nella sua esperienza
clinica pluriennale (dai primi anni 90 ) ha conseguito brillanti risultati nell campo di:
· malattie asmatiche e affezioni respiratorie, sia delle basse che delle alte vie respiratorie;
· dermatiti atopiche ed affezioni cutanee varie (vitiligine, psoriasi, dermatite seborroica, acne anche nelle
forme più gravi, rosacea, lupus cutaneo, ustioni);
· patologie gastrointestinali (reflusso, colopatie, rettocoliti muco emorragiche);
· affezioni vascolari (ipertensione arteriosa e vasculopatie);
· patologie femminili (malattia fibrocistica del seno, cisti ovariche, disturbi del ciclo, climaterio);
· artrosi e artrite reumatoide;
· convulsivita’;
· disturbi del linguaggio, autismo giovanile, disturbi caratteriali, impulsivita’;
· disturbo specifico dell’attenzione, ritardo di acquisizioni psicomotorie;
· cisti di qualsiasi distretto;
· poliposi;
· sclerosi multipla;
· malattie autoimmuni;
· osteoporosi;
· tumori in genere.
L’olio di canapa e consigliato dal Dottor Jonas dal concepimento (gravidanza) fino all’età di 120 anni.
L’apporto giornaliero può variare da 1 cucchiaino da te per la prevenzione (evitare nei mesi di luglio agosto) a
1 cucchiaio da tavola per due tre volte al giorno come terapia di attacco, seguendo sempre le istruzioni del
medico curante neli casi gravi, per avere la risposta ottimale.
Ci sono organizzazioni internazionali di ricercatori e di medici che cercano di divulgare ed informare (ad
esempio il nostro forum Modin www.modin.org che si occupa del utilizzo nella pratica medica dell’olio di
canapa., ISSFAL l’associazione internazionale per lo studio dei acidi grassi e lipidi http://www.issfal.org.uk ),
oltre alle associazioni dei vegani e vegetariani che hanno la necessita di assumere gli acidi grassi essenziali
attraverso la dieta vegetariana. Per questo il compito di spiegare la differenze tra i vari olii considerati come
integratori del acidi grassi:
L’olio di Lino contiene un rapporto invertito tra acidi grassi Ω6/Ω3 e puo’ contenere Linamarina, come
conseguenza dell’azione dell’enzima linase che produce i glicosidi cianogenetici e per evitare la tossicita si
raccomanda infatti di assumere i semi interi o dopo averli bolliti almeno per 10 minuti e in ogni caso è
sconsigliabile assumerne in grandi quantità, L’olio di Borragine non contiene gli omega 3 solo gli omega 6 pero’
contiene tracce di tossine naturali denominate alcaloidi della pirrolizidina, le quali sono alcaloidi tossici che col
tempo tendono ad accumularsi nei tessuti dell’organismo e possono provocare tumori e danneggiare il fegato, i
reni, il tratto gastrointestinale e l’apparato respiratorio.
Per quanto riguarda gli integratori di omega 3 a base di olio di pesce, questi sono olii concentrati e prodotti con
un processo di purificazione in cui l’olio di pesce viene fatto reagire con etanolo formando un substrato
sintetico chiamato “estere etilico degli acidi grassi omega-3″, La soluzione ricavata viene distillata sotto vuoto e
condensata, La struttura chimica in cui gli acidi grassi omega-3 si trovano naturalmente nell’olio di pesce,
invece, è quella dei trigliceridi naturali. E’ possibile produrre dei concentrati di acidi grassi omega-3 che siano
nella loro forma naturale solo che e’ necessario un passaggio ulteriore, il passaggio in più nella produzione
implica dei costi maggiori per il prodotto finale pero’ la cosa piu grave è che tali olii possono essere inquinati
con mercurio, diossine, furani e metalli pesanti che derivano dal pesce stesso e, se si tratta di un consumo
prolungato nel tempo (come è giusto che sia per gli acidi grassi essenziali) questi contaminanti possono
raggiungere livelli altamente tossici e, quindi, pericolosi per la salute, e allora bisogna fare attenzione nella
scelta di tali prodotti.
Per l’olio di canapa, come tutti gli olii vegetali, è importante la qualita dei semi, la spremitura a freddo, la
conservazione in ambiente fresco al buio per evitare l’ossidazione e l’irrancidimento, inconvenienti ultimi che
vengono evitati con l’uso di contenitori di vetro scuro, mantenendo la bottiglia in luogo fresco o nel frigo dopo
l’apertura.
Bibliografia:
1. Artemis P. Simopoulos, MD, Alexander Leaf, MD,Norman Salem, Jr, PhD. Workshop on the Essentiality
of and Recommended Dietary Intakes for Omega-6 and Omega-3 Fatty Acids. (National Institutes of Health
campus in Washington DC, April 1999)
2. Artemis P. Simopoulos MD. Omega–6/Omega–3 Essential Fatty Acid Ratio: The Scientific Evidence.
(Biomed Pharmacother. 2002 Oct;56(8):365-79)
3. Cary Leizer, David Ribnicky, Alexander, Poulev Slavik, Dushenkov Ilya Raskin. The Composition of
Hemp Seed Oil and Its Potential as an Important Source of Nutrition. (Journal of Nutraceuticals, Functional &
Medical Foods Vol. 2(4) 2000)
4. Callaway J, Schwab U, Harvima I, Halonen P, Mykkanen O, Hyvonen P, Jarvinen T. Efficacy of dietary
hempseed oil in patients with atopic dermatitis. (Journal of Dermatological Treatment. 2005; 16: 87–94)
5. Ursula S. Schwab James C. Callaway Arja T. Erkkila¨ Jukka Gynther Matti I.J. Uusitupa Tomi Ja¨rvinen.
Effects of hempseed and flaxseed oils on the profile of serum lipids, serum total and lipoprotein lipid
concentrations and haemostatic factors. (Eur J Nutr (2006) DOI 10.1007/s00394-006-0621-z)
6. Jonas Elia MD. La medicina della tradizione mediterranea.
7. Luca Gerosa. Storia, cucina e coltura della canapa. Stampa alternativa, 1995 Roma.
8. Indalecio Lozano.Utilizzo terapeutico della cannabis nella medicina araba.
9. Belotherkovsky Dany.Forum Modinutilizzo nella pratica medica dell’olio di canapa www.modin.org .
10. Lehninger.Principles of Biochemistry(Third edition Zanichelli).
11. Frank D. Gunstone Structured and Modified Lipids (Hardcover 2001).
12. Mölleken, H. and H. Husmann. Cannabinoids in seed extracts of Cannabis sativa cultivars. Journal of the
International Hemp Association 4(2): 73, 76-79 (1997).
13. V. A. Javiya, J. A. Patel.PPAR in human disease. (Indian J Pharmacol August 2006 Vol 38 Issue 4 243-
253)
Veneto:via libera alla distribuzione di farmaci a base di cannabinoidi.
4 ottobre 2012 Inserito da admin under canapa, curiosità, hemp, medicina
1 commento
Da “Il Fatto Quotidiano”
di Adele Lapertosa | 21 settembre 2012
Il via libera é arrivato martedì 18 dal Consiglio regionale, dopo alcune modifiche apportate al testo uscito lo
scorso luglio dalla commissione sanità della Regione, che rischiavano di rendere impugnabile dal Governo il
testo. Le prime regioni sono state Toscane e Liguria. Per ora l’Italia dipende dalle importazioni dall’estero.
Dopo Toscana e Liguria, anche il Veneto autorizza la distribuzione gratuita negli ospedali e nelle farmacie di
farmaci e preparati galenici a base di cannabinoidi, dando finalmente attuazione concreta alle disposizioni
ministeriali del 2007 che hanno riconosciuto la valenza terapeutica dei derivati dalla cannabis. Il via libera é
arrivato martedì 18 dal Consiglio regionale, dopo alcune modifiche apportate al testo uscito lo scorso luglio
dalla commissione sanità della Regione, che rischiavano di rendere impugnabile dal Governo il testo.
La legge, approvata all’unanimità, prevede l’avvio sperimentale della distribuzione gratuita di questo tipo di
farmaci negli ospedali e nelle farmacie, previa prescrizione medica dello specialista o del medico di medicina
generale sulla base di un programma terapeutico stilato dallo specialista, e la produzione diretta tramite
convenzione, per progetti pilota e sperimentazioni, con il Centro per la ricerca e la sperimentazione in
agricoltura (Cra) di Rovigo e lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (unici centri autorizzati
in Italia alla produzione sperimentale) al fine di poter acquistare direttamente, al prezzo di costo, i
cannabinoidi ad uso terapeutico. Sino ad oggi, infatti, nonostante siano stati riconosciuti dalle tabelle
ministeriali dal 2007, in Italia non ci sono produttori registrati di medicinali cannabinoidi: ospedali e farmacie
devono importarli dall’estero, su esclusiva responsabilità del medico richiedente, con lunghe attese per tempi e
modalità di ordine e di consegna (circa sei mesi) e spese maggiorate da sette a dieci volte il costo effettivo del
prodotto. “Basti pensare – spiega Gianpaolo Grassi, primo ricercatore del Cra – che un malato di sclerosi
multipla arriva a pagare di tasca propria al mese 500-600 euro”. Il tutto con una procedura alquanto
‘elaborata’. Se il malato ne ha bisogno e c’è uno specialista che certifica la diagnosi e la necessità del farmaco,
l’Asl che deve erogare questi farmaci li ordina all‘ estero, dopo aver avuto l’autorizzazione del ministero della
Salute. Il paziente li deve pagare in anticipo e può utilizzarli una volta arrivati, ma può rifare la procedura solo
una volta che ha terminato la quantità di farmaco ricevuta dall’estero.
La legge comunque, prima dovrà essere pubblicata sul bollettino ufficiale regionale, e poi per diventare
effettiva necessita di una delibera della Giunta regionale. In fase di prima applicazione sperimentale, per il
2012, la Regione Veneto stanzierà centomila euro per assicurare la gratuità dei farmaci. Una somma
probabilmente insufficiente per garantire, a regime, l’erogazione gratuita dei farmaci cannabinoidi a tutti i
potenziali utilizzatori: si calcola, infatti, che il costo annuo per curare cento malati di sclerosi multipla si aggiri
sui 500 mila euro. Ma i suoi relatori, Pietrangelo Pettenò (Federazione Sinistra veneta) e Leonardo Padrin
(Pdl), sono comunque soddisfatti, perché “si consentirà ai malati e al servizio pubblico regionale di non
dipendere esclusivamente dalle importazioni dall’estero, con risparmi di tempo e di costi e riduzione dei disagi
per i malati”.
La palla passa ora alle aziende farmaceutiche, secondo Grassi, che ”finché non c’era mercato stavano a
guardare – continua – ma ora che diverse regioni hanno approvato l’uso dei cannabinoidi dovrebbero essere
stimolate ad occuparsene. Molto da fare c’é anche per la preparazione dei medici, un po’ impreparati e non del
tutto consapevoli di come utilizzare i medicinali a base di derivati di cannabis”. I farmaci e preparati galenici a
base di cannabinoidi sono usati nelle cure palliative e antalgiche sui malati terminali, di cancro, quelli con sla
(sclerosi laterale amiotrofica), sclerosi multipla, distrofia muscolare, Alzheimer e Parkinson, nonché nella cura
del glaucoma, patologie neurologiche, traumi cerebrali e asma. Spesso però si tende a confondere l’uso
terapeutico e medico della cannabis con quello ‘voluttuario’, creando allarmismi e preconcetti. Ma in un
recente documento, 18 società scientifiche e il Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio, hanno
chiarito che va sconsigliato qualsiasi uso di tipo voluttuario della cannabis, perché può danneggiare la salute, e
che i farmaci a base di Thc non possono essere autogestiti dal paziente, ma vanno assunti sotto stretto controllo
medico.
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/21/cannabis-veneto-autorizza-distribuzione-gratuita-difarmaci/
CURA DALLE FOGLIE D’ULIVO
08/05/2012 | Fonte: Agi
Un acido contenuto nelle foglie d’ulivo mostra grande potenziale terapeutico per malattie come la sclerosi
multipla. E’ quanto è emerso da uno studio dell’Instituto de Biologi’a y Gene’tica Molecular (IBGM) della città
spagnola di Valladolid, pubblicato su British Journal of Pharmacology: con questo principio attivo alcune
patologie sembrano progredire più lentamente. Per lo studio sono stati utilizzati modelli animali affetti da
sclerosi multipla e da encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE), malattia del sistema nervoso centrale.
“Lo sviluppo della malattia è notevolmente più lento negli animali quando viene loro somministrato il principio
attivo – ha spiegato Maria Luisa Nieto, della Unidad de Inmunidad Innata e Inflamacio’n del IBGM – e in
alcuni casi siamo riusciti a ridurre significativamente e addirittura eliminare tutti i processi infiammatori
associati con la malattia”. L’acido oleanolico sembra così in grado di attenuare in modo significativo i segni
clinici (controllo muscolare, peso, sopravvivenza) e le alterazioni immuno-infiammatorie (impermeabilità
vascolare, infiltrazione leucociti, presenza di citochine) della encefalomielite autoimmune sperimentale. Grazie
ai buoni rapporti con l’Instituto de Ciencias del Corazo’n (Icicor) dell’ospedale clinico universitario di
Valladolid, la ricerca sarà presto spostata anche su altre patologie, in particolare del miocardio.
Acidi grassi e omega-3
L’assunzione di grassi nella dieta deve essere limitata, soprattutto se si tratta di grassi saturi, grassi trans e
colesterolo, mentre vanno privilegiate le fonti di acidi grassi mono e poliinsaturi (MUFAs e PUFAs).
Alcuni PUFAs, della famiglia degli omega-6 e degli omega-3 sono considerati essenziali, non essendo
l’organismo in grado di produrli autonomamente, e vanno assunti obbligatoriamente con la dieta. Mentre gli
omega-6 sono ampiamente diffusi in natura, attenzione va riposta nella scelta di cibi a buon contenuto di acidi
grassi omega-3.
I cibi che forniscono acidi grassi omega-3 si trovano nel Gruppo dei Legumi e Frutta secca e nel gruppo dei
Grassi.
Il modo sicuramente più comodo è quello di abituarsi ad utilizzare l’olio di semi di lino, che fornisce l’acido
alfa-linolenico, precursore degli acidi grassi omega-3 a lunga catena. Il suo sapore è particolare e piuttosto
intenso. Chi non lo gradisse, può assumerlo, anziché come condimento, mescolato con il lievito in scaglie o con
frutta secca macinata, spalmato sul pane.
Un piccolo contributo all’assunzione di questi acidi grassi può essere fornito dalle alghe, che rappresentano
anche un’ottima fonte di iodio. Esistono molte varietà di alghe, tutte acquistabili al negozio biologico, con
differenti sapori (dulse, kombu, hijiki, wakame, nori, spirulina). Se il loro consumo è finalizzato all’assunzione
di omega-3, vanno utilizzate crude, polverizzate su tutti i tipi di piatti, per non rischiare di denaturare questi
preziosi acidi grassi.
In VegPyramid vengono consigliate 2 porzioni al giorno, tutti i giorni, di cibi che forniscono acidi grassi omega-
3:
1 porzione di cibi che forniscono acidi grassi omega-3 equivale a:
5 mL (1 cucchiaino) di olio di semi di lino;
15 mL (1 cucchiaio, circa 6 g) di semi di lino macinati;
60 mL (circa 30 g) di noci.
Per il miglior rapporto tra calorie, calcio, grassi omega-3 e proteine nella dieta, si consiglia di assumere queste 2
porzioni sotto forma di olio di semi di lino, soprattutto nelle diete con fabbisogno calorico più basso.
(tratto da “Curarsi con la Cucina Etica”, Sonda Edizioni©2005)
In casi particolari in cui fosse necessario uno specifico integratore di acidi grassi omega-3, consigliamo i
seguente prodotti a base di alghe. E’ molto difficile trovare integratori 100% vegetali, nella quasi totalità dei
casi la capsula gelatinosa contiene ingredienti animali. Segnaliamo qui degli integratori 100% vegetali.
SeaOil
http://www.ngcpharma.it/prodotti/scheda.php?id=2
Dell’azienda NGC Pharma. E’ reperibile in tutte le farmacie italiane.
Ingredienti: olio algale, calcio fosfato, cellulosa microcristallina, amido di mais, silice colloidale, inulina, talco,
magnesio stearato. Una compressa apporta 258 mg in DHA di origine vegetale.
Gli ingredienti provengono tutti da fonte minerale e vegetale. Grazie ad una speciale filmatura e
stabilizzazione, l’olio algale che è stato fatto assorbire dalla polvere non fuoriesce e non si altera, permettendo
alla compressa di restare fuori frigo fino alla vendita. Una volta acquistato si consiglia comunque di conservare
le compresse in frigo.
Omega-3 per i pazienti affetti da sclerosi multipla
A-A+
I benefici degli Omega-3 nei confronti delle patologie autoimmuni ha portato ad ipotizzare che la loro
somministrazione potesse essere utile anche per i pazienti effetti da sclerosi multipla.
Infatti gli esperti ritengono che alla base dello sviluppo di questa malattia ci sia un problema di tipo
autoimmune. In altre parole, sarebbe il sistema immunitario dell’organismo ad aggredire per errore i neuroni
del cervello e della spina dorsale, e a danneggiare il loro rivestimento.
Sclerosi multipla: un nemico noto dalle cause ignote
La sclerosi multipla è una malattia ormai famosa per le sue conseguenze devastanti. A soffrirne maggiormente
sono le donne in rapporto 2 a 1 rispetto agli uomini. I sintomi della sclerosi multipla compaiono tra i 15 e i 50
anni, ma il picco di manifestazione riguarda i giovani adulti di età compresa tra i 20 e i 30 anni.
Le cause della degenerazione della guaina mielinica, il rivestimento dei neuroni che consente la trasmissione
dell’impulso nervoso, non sono state ancora del tutto chiarite.
Alcune ricerche suggeriscono che la sclerosi multipla abbia una base genetica. Si tratterebbe pertanto di una
malattia ereditaria e i geni responsabili del suo sviluppo sarebbero diversi.
Infine, alcuni studi stanno analizzando la possibilità che esista un’associazione tra questa patologia e gli
alimenti introdotti con la dieta.
Il legame con la depressione
Oltre ad esserci uno stretto legame tra sclerosi multipla e malnutrizione, anche le infezioni e lo stress emotivo
sembrano giocare un ruolo importante.
L’elevato livello di fattori coinvolti nei processi infiammatori nel sangue dei pazienti affetti da questa patologia
potrebbe essere correlato allo sviluppo di fenomeni depressivi.
Per tenere sotto controllo questo fenomeno alcuni studi suggeriscono di cercare di mantenere il più possibile un
corretto equilibrio tra gli acidi grassi Omega-3 e Omega-6. Infatti queste molecole svolgono un ruolo opposto
nei confronti dell’infiammazione: mentre i primi la riducono, i secondi possono aumentarla.
Da questa osservazione nasce l’ipotesi che assicurarsi un adeguato introito degli Omega-3 EPA (acido
eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico) potrebbe essere utile nel trattamento della sclerosi multipla.
In effetti diversi studi hanno dimostrato che gli Omega-3 riducono i marcatori tipici dell’attività immunitaria.
Non solo, alcuni nutrienti e delle sostanze naturali possono rallentare e, addirittura, potrebbero prevenire lo
sviluppo della sclerosi multipla.
Alcune ricerche suggeriscono, ad esempio, che in chi soffre di questa patologia il cervello e la guaina mielinica
siano carenti di lecitina e gli acidi grassi insaturi sarebbero sostituiti da quelli saturi.
Olio di pesce: un aiuto concreto
Uno studio della State University of New York di Buffalo (Stati Uniti) ha dimostrato che l’olio di pesce, fonte di
Omega-3, può migliorare i sintomi della malattia proprio grazie alle sue proprietà antinfiammatorie.
Nel corso della ricerca 27 pazienti (85% donne) sono stati suddivisi in 2 gruppi:
al primo è stata assegnata una dieta costituita per il 15% da grassi, integrata con 6 grammi di olio di pesce
concentrato al giorno, corrispondenti a 1,92 grammi di EPA e 1,32 grammi di DHA;
Il secondo gruppo di partecipanti ha invece seguito un’alimentazione caratterizzata dal 30% di grassi, in cui al
posto dell’olio di pesce è stato aggiunto dell’olio di oliva.
Dopo 6 mesi la qualità di vita dei pazienti è stata valutata utilizzando una scala specifica dei sintomi. E’ stato
osservato che coloro che avevano assunto olio di pesce avevano riportato un miglioramento della qualità di vita
(passando da un punteggio di 43,1 a 45,3).
Chi stava assumendo olio d’oliva aveva registrato un peggioramento, passando da 40,8 a 38,4.
Chi ha assunto Omega-3 nei successivi 12 mesi ha continuato a ottenere un punteggio più elevato su questa
scala. I ricercatori hanno altresì notato un miglioramento del benessere mentale.
Sclerosi Multipla: Omega-3 migliorano il decorso?
Uno studio* clinico di qualche anno fa, ma sempre attuale per la sua validità, conferma che gli Omega-3 sono
utili anche in una patologia tanto importante quanto la Sclerosi Multipla (SM). Lo studio in questione fu
condotto su 16 pazienti a cui era stata da poco diagnosticata la malattia.
Ai pazienti furono date indicazioni alimentari, un integrazione vitaminica giornaliera e una dose di Omega-3
quotidiana di 900 mg di EPA e DHA (500 mg di DHA e 400 mg di EPA). Quindi i pazienti furono seguiti per un
periodo di 2 anni durante i quali vennero monitorati abitudini alimentari, parametri ematici specifici e il
decorso neurologico.
Rispetto ai valori di base i pazienti mostrarono una riduzione significativa sul tasso delle riacutizzazioni
annuali e un miglioramento del 25% sulla scala di valutazione del grado di disabilità.
Inoltre a 2 anni dall’inizio dello studio i livelli ematici di EPA e DHA grazie all’integrazione di Omega-3 erano
più che doppi rispetto alla norma e questo a sostegno della relazione tra le migliori condizioni cliniche e
l’integrazione specifica ricevuta dai pazienti.
*riferimenti: Nordvik, K., et al. Effect of dietary advice and n-3 supplementation in newly diagnosed MS
patients. Acta Neurol Scand. 102: 143-149, 2000.
Omega 3
Omega-3
Sia gli acidi grassi omega-3 (ω-3) sia gli omega-6 (ω-6) sono importanti componenti delle membrane cellulari e
servono all’organismo per il corretto funzionamento di alcuni organi ed apparati quali il sistema nervoso, la
retina e sono utili per l’attività protettiva nei confronti dell’aterosclerosi e dei disturbi cardiovascolari. Gli
omega-3 sono acidi grassi polinsaturi, estratti dall’olio di pesce. I principali omega-3 sono l’acido
eicosapantanoico (EPA) e l’acido docosaesenoico (DHA). Si tratta di nutrienti essenziali al metabolismo
cellulare e tissutale in quanto, non potendo essere sintetizzati autonomamente dal nostro organismo, devono
essere sintetizzati con la dieta.
Il corpo umano è capace di produrre tutti gli acidi grassi necessari, eccetto due: l’acido linoleico (LA), un acido
grasso omega-6 e l’acido alfa-linolenico (ALA), un acido grasso omega-3. Questi devono essere apportati dalla
dieta e si definiscono anche “acidi grassi essenziali”.
Il rapporto omega-3/omega-6
Nel corpo umano LA e ALA sono in competizione, in quanto metabolizzati dallo stesso enzima, Δ6-desaturasi.
Questo aspetto è da tenere in considerazione per la salute, poiché una eccessiva assunzione di LA potrebbe
ridurre la quantità di Δ6-desaturasi disponibile per il metabolismo di ALA con il conseguente aumento del
rischio di malattie cardiache. Dati a sostegno di questa teoria mostrano che negli ultimi 150 anni, l’apporto di
omega-6 è aumentato, mentre quello degli omega-3 è parallelamente diminuito, con l’aumento di malattie
cardiache. Pertanto è stato applicato il concetto di un rapporto “ideale” tra omega-6 ed omega-3 nella dieta.
Omega-3: compendio degli studi clinici condotti
Quella che segue è una panoramica degli studi clinici fino ad ora condotti. I dati ottenuti sono stati elaborati e
riportati nella tabella del dosaggio terapeutico, analizzando (solo) il riassunto (abstract) degli studi eseguiti
sull’impiego di Omega-3. Le informazioni ricavate ed elaborate nell’aprile 2003 non hanno la pretesa di essere
esaustive. Fonte: MEDLINE.
In questo modo, i medici e i terapisti avranno la possibilità di capire a quale dosaggio sono stati raggiunti dei
risultati e il buon esito della cura.
La terapia con prodotti a base di oli di pesce può essere coadiuvata dall’assunzione contemporanea di
antiossidanti, come la vitamina E e C ad alta biodisponibilità.
Studi:
Link agli studi in inglese Dose/die Durata Tipologia pazienti Anno Risultato
Alzheimer 0,9g EPA 3 mesi 64 pazienti con morbo di Alzheimer 2000 Miglioramento della capacità mnemonica
e della funzionalità della memoria fino a 6 mesi di durata. Lo studio mostra che EPA è adatto nella prevenzione
del morbo di Alzheimer e nel trattamento della perdita di memoria (demenza).
Arteriosclerosi 3g EPA & DHA 24 settimane Pazienti con ipertrigliceridemia 1994 Significativa diminuzione
dell’attività del fattore tissutale (TF), dal 31% al 40% in meno.
3-9g EPA 3 settimane 5 soggetti sani 1991 Risultati dose-dipendenti nel grado di coagulazione piastrinica. Picco
di protezione con 6 g/die.
Artrite ca. 5g EPA & DHA 24 settimane 17 pazienti artritici 1990 Significativa diminuzione del numero di
pazienti con gonfiore articolare (P = 0,02). Diminuzione del 54,7% nella produzione di interleuchina 1 da parte
dei macrofagi.
Vista Consumo di pesce 1984-1996 42.743 donne e 29.746 uomini, età = 50 anni 2001 È stata indagata la
relazione tra il consumo di alcuni tipi di grassi e la degenerazione maculare senile (AMD). DHA è risultato
svolgere una modesta funzione protettiva contro questa patologia. Il rischio di AMD può diminuire grazie ad
un maggior consumo di pesce.
Lipidi ematici, colesterolo, ipertonia
4g EPA & DHA 28 giorni 36 donne in postmenopausa 2000 Diminuzione del 26% nei valori di TG. Riduzione
complessiva del 28% nel rapporto tra TG e colesterolo HDL. Questo approccio terapeutico potrebbe
potenzialmente ridurre del 27% il rischio di malattie cardiache nelle donne in post-menopausa.
3,0 + 4,5g EPA & DHA 4 settimane 9 pazienti con iperlipidemia 1993 Diminuzione significativa e dosedipendente
dei trigliceridi VLDL (3 g/die: – 42%, 4,5 g/die: – 55%); del colesterolo VLDL (3 g/die: – 41%, 4,5
g/die: – 47%) e dell’apolipoproteina VLDL (apo) B 100 (3 g/die: – 40%, 4,5 g/die: – 56%). Dosi moderate di acidi
grassi n-3 a catena lunga possono efficacemente ridurre i livelli patologici di TG VLDL, colesterolo VLDL e
VLDL apo-B.
0,822g EPA & DHA 10 giorni 9 donne di 29 anni 1999 Cambiamento della composizione di LDL, riduzione del
numero di particelle LDL aterogene con una minore concentrazione di fosfolipidi e apo-B.
2,85g EPA & DHA 28 giorni 21 pazienti con dislipoproteinemia di tipo IV 1998 Marcata diminuzione dei valori
di TG (P<0,005) e VLDL (P<0,002). Questo tipo di trattamento ha sottolineato gli effetti benefici degli acidi
grassi n-3…
4g EPA & DHA +2g GLA 28 giorni 39 donne 2003 Le concentrazioni di colesterolo LDL sono diminuite del
11,3%. Riduzione del 43% nel rischio di infarto cardiaco a 10 anni.
4g EPA o DHA 6 settimane 51 soggetti diabetici di tipo 2 ipertesi, età 61,2 2002 Riduzione del 19% dei livelli di
TG con EPA (P = 0,022) e del 15% con DHA (P = 0,022). Aumento del 16% del colesterolo HDL(2) con EPA (P
= 0,026) e del 12% con DHA (P = 0,05). Riduzione dell’11% del colesterolo HDL(3) con EPA (P = 0,026)
0,65g DHA & EPA 12 settimane 23 pazienti, età 69,2 anni, trattati per patologie cardiovascolari 2001 Riduzione
di colesterolo totale: 12,2%, colesterolo LDL: 16,8%, TG: 36,1% e livelli di insulina con iperinsulinemia (>20
microunità/ml): 34,9%.
4,0 g EPA o DHA 6 settimane 56 soggetti non fumatori, età 48,8, in sovrappeso e con lieve iperlipidemia 2000
Riduzione livelli TG di 0,45 +/- 0,15 mmol/L (ca. -20%; P = 0,003) nel gruppo con DHA e di 0,37 +/- 0,14
mmol/L (ca. -18%; P = 0,032) nel gruppo con EPA. La somministrazione di DHA ha abbassato
significativamente i livelli di colesterolo HDL(3) (-6,7%; P = 0,032). DHA ha innalzato il livello di colesterolo
HDL(2) del 29% ca. (P = 0,004). EPA e DHA hanno effetti diversi sui lipidi, sugli acidi grassi e sul metabolismo
del glucosio.
0,3g EPA & DHA 13 giorni 20 soggetti ipertesi 1996 Abbassamento della pressione sistolica da 158,7 +/- 23,8
mm Hg a 146,5 +/- 17,0 mm Hg (P = 0,04) e di quella diastolica da 80,8 +/- 8,4 mm Hg a 72,9 +/- a 14,9 mm Hg
(P = 0,04). Minore grado di coagulazione piastrinica.
5g EPA & DHA 5-6 mesi 20 pazienti prima e dopo impianto di bypass 1991 I valori di TG si sono ridotti dal 20
al 39%, diventando statisticamente significativi alla fine dell’operazione (P = 0,034)
Colite ulcerosa
(patologie intestinali)
5,6g EPA & DHA 6 mesi 18 pazienti con proctite 2000 Diminuzione significativa del numero di cellule
esprimenti CD3 e HLA e riduzione della percentuale di cellule contenenti IgM. Rallentamento della
progressione della malattia e miglioramento dei valori istologici.
Depressione
EPA Dagli studi risulta che gli individui depressi sono caratterizzati da valori più bassi di acidi grassi n-3.
Ulteriori studi a partire dal 1996 hanno evidenziato che EPA contenuto negli acidi grassi n-3 può agire come
antidepressivo ed è raccomandato nel trattamento della schizofrenia. I valori di riferimento per il dosaggio
terapeutico non vengono riportati poiché gli abstract impiegati per questa sezione non ne facevano menzione.
Diabete mellito
Effetti collaterali positivi, ma nessun successo terapeutico 4,0g EPA o DHA 6 settimane 51 soggetti con diabete
Tipo 2 2002 Nè EPA né DHA hanno influito significativamente sull’emoglobina glicosilata, sui valori
dell’insulina a digiuno o del peptide C, sulla sensibilità o secrezione di insulina o sulla pressione sanguigna.
8,1g EPA & DHA 4 settimane 13 soggetti con diabete Tipo1 1991 Nessun effetto sull’attività plasmatica ed
emostatica oltre ad un aumento dell’attività dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno.
2,85g EPA & DHA 28 giorni 21 pazienti con diabete Tipo 2 1998 Forte riduzione dei valori di TG (p<0,005) e
VLDL (p<0,002) accompagnata da un significativo aumento di HDL (p<0,02). Nessun cambiamento
significativo nelle concentrazioni sieriche di colesterolo totale, glicemia a digiuno ed emoglobina glicosilata.
Dermatiti Neurodermatite
Psoriasi 6,0g EPA & DHA 4 mesi 21 pazienti con dermatite 1994 Riduce la formazione di recettori dei leucociti
IL-2 da parte dei linfociti stimolati mitogenicamente.
1,88g EPA & DHA 8 settimane 34 pazienti con artrite psoriasica 1990 7 pazienti totalmente guariti, guarito
anche il 75% di altri 13 pazienti mentre 14 pazienti non hanno ricevuto benefici.
By-pass coronarico 3,4g EPA & DHA 9 mesi 260 pazienti dopo impianto di by-pass 1995 Diminuzione del
19,1% nei valori di TG e riduzione della percentuale di recidivanti.
Infarto cardiaco 1,0g EPA & DHA Tra il 1° e il 2° infarto 11.324 soggetti post-infartuati 1999 Lo studio GISSI
ha mostrato una riduzione del 20% nella mortalità. Raccomandato dal 34° meeting 2001 della European
Society for Clinical Investigation.
Bambini iperattivi Nessun dato preciso. Gli studi fino ad ora condotti indicano un possibile effetto da parte di
acidi grassi n-3.
Funzionalità cerebrale e visiva nei bambini in età prescolare 2,0g DHA & EPA 4,5 mesi prima del parto +
durante l’allattamento 341 gravide e madri di bambini allattati al seno fino ai 3 mesi 2003 76 bambini di 4 anni
sono stati sottoposti ad un test cognitivo. Il grado di capacità di elaborazione mentale è risultato dipendere in
modo marcato dal consumo di DHA & EPA da parte della madre durante la gravidanza. Il grado di capacità di
elaborazione totale dipende dalla circonferenza della testa alla nascita. L’apporto di PUFA a catena lunga
durante la gravidanza e l’allattamento può favorire lo sviluppo mentale del bambino. La sensibilità visiva verso
la luce è risultata notevolmente inferiore nei neonati con carenza di acidi grassi n-3.
Comportamento notturno nei bambini in età prescolare DHA – 17 partorienti 2002 Attraverso un test del sonno
è stato studiato il rapporto tra concentrazioni sieriche di PUFA a catena lunga, specialmente DHA, nella madre
e integrità del SNC del neonato. I figli di madri con un’alta percentuale di DHA hanno mostrato un
comportamento notturno nettamente migliore.
Dolori mestruali 1,8g EPA & DHA 2 mesi 42 adolescenti, tra i 17 e i 20 anni ca. 1996 Attenuazione dei sintomi
mestruali. L’integrazione con acidi grassi n-3 ha avuto effetti benefici.
n-3 marini 181 donne danesi sane, tra 20 e 45 anni 1995 La ricerca ha dato risultati altamente significativi che
supportano l’ipotesi per cui un maggior consumo di acidi grassi n-3 di provenienza marina ridurrebbe l’entità
dei dolori mestruali.
Emicrania *1,3 g EPA & DHA
secondo i valori DACH 2 mesi 23 adolescenti di diverse etnie di circa 15 anni 2002 L’87% dei soggetti ha fatto
registrare una riduzione degli episodi di cefalea, il 74% ha riportato una minore durata di tali episodi, l’83%
una riduzione nell’intensità del dolore, il 91% consiglierebbe l’olio di pesce a parenti e amici.
Approssimativamente la stessa percentuale consiglierebbe l’olio di oliva, usato come placebo.
Morbo di Crohn *quantità secondo i valori DACH L’integrazione con oli di pesce sembra essere
particolarmente indicata in caso di patologie acute e croniche dove è presente immunodepressione. Gli acidi
grassi n-3 potrebbero verosimilmente ridurre il rischio di autoimmunità.
Sclerosi multipla (SM) 0,9g EPA & DHA 2 anni 16 pazienti con nuova diagnosi di SM 2000 Riduzione
significativa della media annuale delle crisi . Miglioramento dell’esito di SM di nuova diagnosi grazie a
integrazione di oli di pesce, vitamine e supporto dietologico.
PTCA
Restenosi Nessun successo con PUFA n-3 prima o dopo restenosi
Reumatismi 2,9 g EPA & DHA *in pazienti di 65 kg di peso 24 settimane 20 pazienti con artrite reumatoide
attiva (gruppo a dosaggio minore) 1990 Alla settimana 24, miglioramento significativo del dolore articolare in
confronto all’inizio dello studio nel gruppo a dosaggio minore (P = 0,05) e nel gruppo a dosaggio maggiore alla
settimana 18 (P = 0,04) e 24 (P = 0,02). Diminuzione dei casi di gonfiore articolare nel gruppo a dosaggio
minore alla settimana 12 (P = 0,003), 18 (P = 0,002) e 24 (P = 0,001) e nel gruppo a dosaggio maggiore alla
settimana 12 (P = 0,0001), 18 (P = 0,008) e 24 (P = 0,02). 8 e 21 dei circa 45 indicatori clinici hanno subito un
cambiamento significativo, rispettivamente nel gruppo a dosaggio minore e maggiore. La produzione di
leucotriene B4 neutrofili è diminuita del 19% nel gruppo a dosaggio minore e del 20% in quello a dosaggio
maggiore. La produzione di inteleuchina 1 macrofaga ha subito una riduzione del 40,6% nel gruppo a dosaggio
minore e del 54,7% in quello a dosaggio maggiore.
5,8 g EPA & DHA *in pazienti di 65 kg di peso 17 pazienti con artrite reumatoide attiva (gruppo a dosaggio
maggiore)
2,6 g e 1,3 g EPA e DHA 12 mesi 90 pazienti con artrite reumatoide attiva 1994 Marcato miglioramento delle
condizioni generali dei pazienti e del dolore osservato solo nel gruppo trattato con 2,6 g/die. Questa quantità
può ridurre il ricorso a farmaci antireumatici.
2,85g EPA & DHA 12 settimane 64 pazienti con artrite reumatoide stabile 1993 Impiego significativamente
minore di farmaci antinfiammatori (non steroidei) già dal 3° mese, con picco di effetto dopo 12 mesi con 40,6%
(24,5 – 56,6) in confronto a placebo con 84,1% (62,7 – 105,5).
1,8g EPA 17 pazienti con artrite reumatoide 1985 Miglioramento della rigidità articolare mattutina e
attenuazione del dolore articolare.
Neoplasie
Prevenzione del Tumore al seno
Pagina 4 e tabella 2 1,8g EPA Prima e dopo l’operazione 19 pazienti con tumore esofageo 1998 Significativa
riduzione post-operatoria (a 1, 2 e 6 ore) della produzione di interleuchina 6 e miglioramento della risposta
immunitaria cellulo-mediata 3 settimane dopo l’operazione. Durante la chemioterapia, nei pazienti nutriti con
EPA per via enterale è stato osservato un marcato miglioramento della risposta immunitaria cellulo-mediata in
confronto al gruppo di controllo senza EPA.
1,23g EPA & DHA 24 settimane 22 soggetti sani ca. 40 anni d’età 1993 Significativa riduzione della percentuale
di cellule T-helper e contemporaneamente innalzamento del numero di cellule T-suppressor.
EPA & DHA in vitro Cellule tumorali mammarie in coltura MCF-7, ZR-75, T-47-D + MDA-MB-231, HBL-100
1995 L’aggiunta di PUFA ha causato un marcato aumento di diene coniugati e idroperossidi lipidici a livello
lipidico cellulare; tale quantità dipende in modo significativo dalla loro capacità di arrestare la crescita
cellulare. Questi dati indicano che i PUFA n-3, EPA e DHA in vitro, interferiscono nettamente sulla
proliferazione cellulare nel tumore mammario.
DHA in vitro Cellule CaCo-2 di cancro al colon 2001 I risultati mostrano che DHA rallenta l’aumento di cellule
CaCo-2, causandone la morte programmata.
*commento dell’autore del sito: Peter Rohner
Legenda di alcune abbreviazioni usate:
n-3 = Omega-3
FA = acidi grassi
LC = (acidi grassi) a catena lunga
PUFA = acidi grassi polinsaturi
EPA = acido eicosapentenoico (acido grasso Omega-3)
DHA = acido docosaesaenoico (acido grasso Omega-3)
GLA = acido gamma-linolenico (acido grasso Omega-6)
TG = trigliceridi sierici
Apo-B = apolipoproteina
LDL = lipoproteina a bassa densità (1,019 – 1,063 g/ml), trasporta il colesterolo nelle cellule periferiche, si
raccomanda una bassa concentrazione
VLDL = lipoproteina a bassissima densità (0,950 – 1,006 g/ml), trasporto dei trigliceridi endogeni e successiva
trasformazione in IDL e LDL
HDL = lipoproteina ad alta densità (1,063 – 1,210 g/ml), trasporta il colesterolo dalle cellule periferiche al
fegato, protezione data da un’alta concentrazione.
Edited by Ciri-co on 04 feb 200
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