Privacy Policy Senza categoria Archivi - Pagina 2 di 25 - Micomedicina

Funghi, microbioma e k colon

Finalmente la ricerca ha cominciato a delineare meglio i meccanismi con cui insorge il cancro colo-rettale. Uno dei fattori che sta sempre più emergendo è il ruolo del microbiota alterato con la presenza  e prevalenza di ceppi particolari (es Fusobacterium nucleatum) che si associano costantemente alla presenza del cancro, indipendentemente dalla dieta, stile di vita etc  (come da una recente ricerca pubblicata su Nature Medicine). In particolare uno di questi ceppi, ancora non identificato, metabolizzerebbe la Colina presente in particolare in prodotti ritenuti fino a poco tempo fa salutistici come la Soia, producendo un composto tossico la Trimetanolammina, che come tutte le ammine, causerebbe il K colorettale (uno dei primi sintomi sarebbe uno sgradevole odore di pesce). Secondo noi il ruolo della dieta e dell’epigenetica delle razze nello studio è stato trattato troppo superficialmente, considerato che l’associazione rivela solo il risultato finale del processo (quando già il cancro c’è) e non dice nulla sui trascorsi, anche di anni, dell’alimentazione di un certo tipo e magari su chi non era abituato a quel tipo di alimenti (epigenetica delle razze).  D’altra parte come in negativo c’è il ruolo delle ammine, è incontrovertibile  il ruolo protettivo delle fibre contro il K del colon, già ampiamente dimostrato da numerosi studi scientifici ed in particolare della chitina presente soprattutto nei funghi, la quale comportandosi da Prebiotico, seleziona popolazioni di batteri che producono gli SCFA, una specie di elisir protettivo della mucosa. Estrapolando studi su linee cellulari cancerose e su cavie con K del colon alimentate per il 5% giornalmente con Pleurotus ostreatus si ottengono effetti di regressione del tumore, pertanto si può ragionevolmente ipotizzare uno ruolo protettivo contro il K del colon con l’assunzione di pochi grammi al giorno del fungo e fino a 200-250 grammi alla settimana. Figuriamoci con il Pleurotus ostreatus officinalis in cui le potenzialità anticancerogene e antidegenerative  della Vitamina D2,  dell’Ergotioneina e delle altre sostanze come il Germanio e Selenio sono iperconcentrate e metabolicamente attive!! 

Buon pranzo a tutti con i Funghi officinali.
Dott Maurizio Bagnato (c) 2019

Alzheimer e demenza: funghi aiutano a combattere declino cognitivo

Alzheimer, studio afferma che 300 g di funghi a settimana aiutano a ridurre fino al 50% possibilità di essere colpiti dai primi sintomi di Alzheimer e demenza.

Alcune specie di funghi, in particolare i Porcini, sono particolarmente ricchi di Ergotioneina, una delle sostanze che si riescono a implementare con il metodo brevettato dal Dr Bagnato (Funghi officinali), un potente antiossidante e antinfiammatorio di cui ne abbiamo parlato diffusamente in precedenza, la cui duplice azione antiossidante e antinfiammatoria agisce su tutte le cellule in particolare quelle maggiormente sottoposte a stress ossidativo come quelle della retina prevenendo la cecità, dell’endotelio dei vasi prevenendo l’aterosclerosi e quelle nervose come nella ricerca del Prof. Lei Feng che in uno studio durato ben 6 anni dal 2011 al 2016 su una campione di 600 anziani,  dimostra come mangiare funghi possa portare vantaggi anche nel frenare il declino cognitivo.  Questo studio realizzato da un team di ricerca del Dipartimento di Medicina Psicologica e di Biochimica della Yong Loo Lin School of Medicine dell’Università di Singapore (NUS), guidato dal dott. Lei Feng è stato pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease ed ha suscitato molto clamore negli ambienti scientifici. Vedi PDF allegato + altro PDF sulla Vitamina D2 (Morello et al. 2018) presente nei funghi, anch’essa presente in buone concentrazioni solo nei Funghi officinali con caratteristiche e proprietà terapeutiche e preventive simili per le cellule nervose .

Tornando alla ricerca, questa  afferma che gli anziani che consumano più di 2 porzioni di funghi a settimana, per un totale di circa 300 grammi, hanno il 50% in meno di possibilità di incorrere nel deterioramento cognitivo lieve (MCI – Mild Cognitive Impairment). Per la loro analisi i ricercatori hanno osservato un gruppo di circa 600 anziani cinesi residenti a Singapore misurandone i parametri fisici e i segnali del declino cognitivo per un periodo di 6 anni.

Gli MCI sono correlate al fisologico declino cognitivo associato all’invecchiamento ma possono essere anche le prime avvisaglie dell’insorgenza di demenza e Alzheimer. I sintomi più comuni sono: perdita di memoria, difficoltà di linguaggio, visive e di movimento. Tali manifestazioni di deterioramento delle funzioni celebrali possono essere individuate solo attraverso test neuro psicologici basati sulla Wechsler Adult Intelligence Scales (WAIS) utilizzata anche nella determinazione del IQ. Gli esperti stimano che una volta che questi sintomi si sono manifestati la possibilità di incappare in una qualche forma di demenza aumenta nell’arco dei 4 anni successivi.Leggi tutto

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